1/28/2010

Domenica 31 gennaio blocco del traffico

Blocco totale del traffico domenica 31 gennaio dalle 10 alle 18 a Milano: è questa la risposta del Sindaco Moratti per fronteggiare l'emergenza generata dal superamento della soglia delle polveri sottili per 17giorni consecutivi. Nella giornata di domenica potranno dunque circolare solo le auto a impatto zero (gpl, metano, elettriche). Godranno di una deroga al divieto medici, infermieri e ministri del culto.

1/20/2010

Impianti sportivi: fianziamenti regionali

La Regione Lombardia ha approvato due provvedimenti a sostegno della realizzazione di impianti sportivi di uso pubblico, pubblicati sul 2° S.S. al BURL n. 3 del 19 gennaio 2010 [“Criteri per l’accesso ai contributi in conto interessi per la realizzazione di impianti sportivi di uso pubblico (legge regionale 8 ottobre 2002, n. 26 – art. 4, commi 1, lettera d), 3, 4, e articolo 10, commi 1, lettera a) e 3)” e “Approvazione iniziativa anno 2009/2010 per l’accesso ai contributi in conto interessi a valere sui mutui dell’Istituto per il Credito Sportivo per la realizzazione di impianti sportivi di uso pubblico”]. Possono accedere:- Società e Associazioni praticanti attività sportiva dilettantistica senza fini di lucro;- Enti di Promozione Sportiva;- Federazioni Sportive Nazionali;- Centri di aggregazione giovanile;- Ogni Ente Morale che persegua, sia pure indirettamente, finalità ricreative e sportive senza fine di lucro;- Cooperative Sociali;- Enti Pubblici.

1/19/2010

Napolitano: contro Craxi durezza senza eguali

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato alla signora Anna Craxi la seguente lettera:
"Cara Signora,
ricorre domani il decimo anniversario della morte di Bettino Craxi, e io desidero innanzitutto esprimere a lei, ai suoi figli, ai suoi famigliari, la mia vicinanza personale in un momento che è per voi di particolare tristezza, nel ricordo di vicende conclusesi tragicamente.
Non dimentico il rapporto che fin dagli anni '70 ebbi con lui per il ruolo che allora svolgevo nella vita politica e parlamentare. Si trattò di un rapporto franco e leale, nel dissenso e nel consenso che segnavano le nostre discussioni e le nostre relazioni anche sul piano istituzionale. E non dimentico quel che Bettino Craxi, giunto alla guida del Partito Socialista Italiano, rappresentò come protagonista del confronto nella sinistra italiana ed europea.
Ma non è su ciò che oggi posso e intendo tornare.
Per la funzione che esercito al vertice dello Stato, mi pongo, cara Signora, dal solo punto di vista dell'interesse delle istituzioni repubblicane, che suggerisce di cogliere anche l'occasione di una ricorrenza carica - oltre che di dolorose memorie personali - di diversi e controversi significati storici, per favorire una più serena e condivisa considerazione del difficile cammino della democrazia italiana nel primo cinquantennio repubblicano.
E' stato parte di quel cammino l'esplodere della crisi del sistema dei partiti che aveva retto fino ai primi anni '90 lo svolgimento della dialettica politica e di governo nel quadro della Costituzione. E ne è stato parte il susseguirsi, in un drammatico biennio, di indagini giudiziarie e di processi, che condussero, tra l'altro, all'incriminazione e ad una duplice condanna definitiva in sede penale dell'on. Bettino Craxi, già Presidente del Consiglio dal 1983 al 1987. Fino all'epilogo, il cui ricordo è ancora motivo di turbamento, della malattia e della morte in solitudine, lontano dall'Italia, dell'ex Presidente del Consiglio, dopo che egli decise di lasciare il paese mentre erano ancora in pieno svolgimento i procedimenti giudiziari nei suoi confronti. Si è trattato - credo di dover dire - di aspetti tragici della storia politica e istituzionale della nostra Repubblica, che impongono ricostruzioni non sommarie e unilaterali di almeno un quindicennio di vita pubblica italiana.
Non può dunque venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità dell'on. Craxi sanzionate per via giudiziaria la considerazione complessiva della sua figura di leader politico, e di uomo di governo impegnato nella guida dell'Esecutivo e nella rappresentanza dell'Italia sul terreno delle relazioni internazionali. Il nostro Stato democratico non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere.
Considero perciò positivo il fatto che da diversi anni attraverso importanti dibattiti, convegni di studio e pubblicazioni, si siano affrontate, tracciando il bilancio dell'opera di Craxi, non solo le tematiche di carattere più strettamente politico, relative alle strategie della sinistra, alle dinamiche dei rapporti tra i partiti maggiori e alle prospettive di governo, ma anche le tematiche relative agli indirizzi dell'attività di Craxi Presidente del Consiglio. Di tale attività mi limito a considerare solo un aspetto, per mettere in evidenza come sia da acquisire al patrimonio della collocazione e funzione internazionale dell'Italia la conduzione della politica estera ed europea del governo Craxi: perché ne venne un apporto incontestabile ai fini di una visione e di un'azione che possano risultare largamente condivise nel Parlamento e nel paese proiettandosi nel mondo d'oggi, pur tanto mutato rispetto a quello di alcuni decenni fa.
Le scelte di governo compiute negli anni 1983-87 videro un rinnovato, deciso ancoraggio dell'Italia al campo occidentale e atlantico, anche di fronte alle sfide del blocco sovietico sul terreno della corsa agli armamenti ; e videro nello stesso tempo un atteggiamento "più assertivo" del ruolo dell'Italia nel rapporto di alleanza - mai messo peraltro in discussione - con gli Stati Uniti. In tale quadro si ebbe in particolare un autonomo dispiegamento della politica estera italiana nel Mediterraneo, con un coerente, equilibrato impegno per la pace in Medio Oriente. Il governo Craxi e il personale intervento del Presidente del Consiglio si caratterizzarono inoltre per scelte coraggiose volte a sollecitare e portare avanti il processo d'integrazione europea, come apparve evidente nel semestre di presidenza italiana (1985) del Consiglio Europeo.
Né si può dimenticare l'intesa, condivisa da un arco assai ampio di forze politiche, sul nuovo Concordato: la cui importanza è stata pienamente confermata dalla successiva evoluzione dei rapporti tra Stato e Chiesa.
Numerosi risultano in sostanza gli elementi di condivisione e di continuità che da allora sono rimasti all'attivo di politiche essenziali per il profilo e il ruolo dell'Italia.
In un bilancio non acritico ma sereno di quei quattro anni di guida del governo, deve naturalmente trovar posto il discorso sulle riforme istituzionali che aveva rappresentato, già prima dell'assunzione della Presidenza del Consiglio, l'elemento forse più innovativo della riflessione e della strategia politica dell'on. Craxi. Nel quadriennio della sua esperienza governativa, quel discorso tuttavia non si tradusse in risultati effettivi di avvio di una revisione della Costituzione repubblicana. La consapevolezza della necessità di una revisione apparve condivisa attraverso i lavori di una impegnativa Commissione bicamerale di studio (presieduta dall'on. Bozzi) : ma alle conclusioni, peraltro discordi, di quella Commissione nel gennaio 1985 non seguì alcuna iniziativa concreta, di sufficiente respiro, in sede parlamentare. Si preparò piuttosto il terreno per provvedimenti che avrebbero visto la luce più tardi, come la legge ordinatrice della Presidenza del Consiglio e, su un diverso piano, significative misure di riforma dei regolamenti parlamentari.
Tra i problemi che nell'Italia repubblicana si sono trascinati irrisolti, c'è certamente quello del finanziamento della politica. Si era tentato di darvi soluzione con una legge approvata nel 1974, a più di venticinque anni dall'entrata in vigore della Costituzione. Ma quella legge mostrò ben presto i suoi limiti, in particolare per la debolezza dei controlli che essa aveva introdotto. Attorno al sistema dei partiti, che aveva svolto un ruolo fondamentale nella costruzione di un nuovo tessuto democratico nell'Italia liberatasi dal fascismo, avevano finito per diffondersi "degenerazioni, corruttele, abusi, illegalità", che con quelle parole, senza infingimenti, trovarono la loro più esplicita descrizione nel discorso pronunciato il 3 luglio 1992 proprio dall'on. Craxi alla Camera, nel corso del dibattito sulla fiducia al governo Amato.
Ma era ormai in pieno sviluppo la vasta indagine già da mesi avviata dalla Procura di Milano e da altre. E dall'insieme dei partiti e dei loro leader non era venuto tempestivamente un comune pieno riconoscimento delle storture da correggere, né una conseguente svolta rinnovatrice sul piano delle norme, delle regole e del costume. In quel vuoto politico trovò, sempre di più, spazio, sostegno mediatico e consenso l'azione giudiziaria, con un conseguente brusco spostamento degli equilibri nel rapporto tra politica e giustizia.
L'on. Craxi, dimessosi da segretario del PSI, fu investito da molteplici contestazioni di reato. Senza mettere in questione l'esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona.
Né si può peraltro dimenticare che la Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo - nell'esaminare il ricorso contro una delle sentenze definitive di condanna dell'on. Craxi - ritenne, con decisione del 2002, che, pur nel rispetto delle norme italiane allora vigenti, fosse stato violato il "diritto ad un processo equo" per uno degli aspetti indicati dalla Convenzione europea.
Alle regole del giusto processo, l'Italia si adeguò, sul piano costituzionale, con la riforma dell'art. 11 nel 1999. E quei principi rappresentano oggi un riferimento vincolante per la legislazione nazionale e per l'amministrazione della giustizia in Italia.
Si deve invece parlare di una persistente carenza di risposte sul tema del finanziamento della politica e della lotta contro la corruzione nella vita pubblica. Quel tema non poteva risolversi solo per effetto del cambiamento (determinatosi nel 1993-94) delle leggi elettorali e del sistema politico, e oggi, in un contesto politico-istituzionale caratterizzato dalla logica della democrazia dell'alternanza, si è ancora in attesa di riforme che soddisfino le esigenze a cui ci richiama la riflessione sulle vicende sfociate in un tragico esito per l'on. Bettino Craxi.
E' questo, cara Signora, il contributo che ho ritenuto di dover dare al ricordo della figura e dell'opera di suo marito, per l'impronta non cancellabile che ha lasciato, in un complesso intreccio di luci e ombre, nella vita del nostro Stato democratico.
Con i più sinceri e cordiali saluti".
Roma, 18 gennaio 2010

1/14/2010

Vita da single

Milano, i single sorpassano le famiglie
Sono il 50,6 per cento. In crescita anche nel resto d’Italia. L’identikit: giovani, divorziati, anziani che restano soli

MILANO - «Benvenuti a Milano, città dei single». Così, d’ora in poi, il capoluogo lombardo dovrebbe presentarsi al mondo fin dai cartelli che segnalano l’ingresso nei confini ambrosiani. Tra città delle biciclette, città denuclearizzate, città del cotechino o del mistero, l’Italia offre davvero di tutto. Oggi anche Milano ha un suo primato. Quello di metropoli in cui il paradosso delle famiglie con un solo componente è diventato la norma. Negli ultimi mesi del 2009 i nuclei creati da una persona sola hanno superato quelli con due o più individui. Per la precisione: su 687.401 famiglie presenti in città, 347.651 hanno un unico nome sul campanello. Il 50,6 per cento. Il sorpasso è avvenuto negli ultimi mesi. Solo due anni fa i single registrati all’anagrafe erano 332.987 su un totale di 676.486 famiglie. La tendenza alla crescita delle famiglie-single è in atto nel nostro Paese da un trentennio. Ma nemmeno i demografi si aspettavano che Milano fosse diventata una città di monadi. «Sono sorpreso—ammette Giancarlo Blangiardo, demografo dell’università Bicocca —. Certo, bisogna tenere conto che i dati dell’anagrafe prendono per buone le dichiarazioni di chi si presenta al Comune come single ma in realtà vive in coppia, da convivente. Detto questo, il fenomeno a Milano ha raggiunto vette altissime». Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? «Nelle nostre attese la quota di famiglie single tenderà a stabilizzarsi nel nostro Paese intorno al 40 per cento», risponde il demografo. Insomma, Milano è un caso particolare. Prendiamo Roma. All’ombra del Colosseo i single sono tanti (oltre 568 mila). Ma nettamente meno della metà delle famiglie (in tutto 1.325 mila). Per quanto riguarda il Paese nel suo insieme, i dati Istat più aggiornati fotografano il 2007 e parlano di più di una famiglia su quattro (28,4 per cento) con un solo componente. Le regioni dove i single rappresentano più del 30 per cento delle famiglie sono il Piemonte (30,3 per cento) la Valle d’Aosta (34,8 per cento), il Friuli Venezia Giulia (30,7 per cento) e la Liguria (35,4 per cento).
«Milano è la città dei single per definizione — dice il sociologo Enrico Finzi —. Il capoluogo lombardo catalizza le energie e le risorse migliori del Paese. Sotto la Madonnina si trasferiscono a caccia di lavoro i giovani più imprenditori e preparati del Sud — continua il presidente di Astra Demoskopea —. Negli ultimi anni, come certificato dalla Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, ndr), il fenomeno ha ripreso vigore. Poi ci sono le vedove. Perché i single anziani sono tanti e in stragrande maggioranza donne: le signore hanno una maggiore aspettativa di vita. Terzo fattore: la costante crescita di separati e divorziati». A sentire i tecnici dell’anagrafe milanese, di «fattore single» ce ne sarebbe anche un quarto. Legato all’immigrazione. Dal 2007 a oggi, dopo l’ingresso della Romania nella Ue, a Milano si sono registrati in Comune diverse migliaia di romeni che prima vivevano nella città del Duomo da clandestini. Una volta preso atto della realtà, la politica milanese subito si divide. Una buona fetta del centrodestra cittadino pensa a misure per favorire il ritorno delle giovani coppie a Milano, meglio se con numerosi passeggini. Il centrosinistra è più propenso a una posizione non interventista. Il confronto è tutt’altro che accademico. Proprio in questi giorni il consiglio comunale discute il piano di governo del territorio. E al centrosinistra non vanno giù le agevolazioni per le giovani coppie e le famiglie numerose che cercano casa a prezzo scontato. «La nostra attenzione va soprattutto agli anziani che vivono soli. Tramite varie forme di assistenza mirata. D’altra parte i single giovani e rampanti non interrogano l’amministrazione », riflette l’assessore all’Anagrafe, Stefano Pillitteri. «Sia chiaro, nessun pregiudizio verso i single—mette le mani avanti Carlo Masseroli, assessore all’Urbanistica della giunta di centrodestra di Letizia Moratti —. Ma a nostro parere la famiglia e le relazioni tra persone sono un valore. Un bene da incentivare a vantaggio di tutta la comunità. Soprattutto nei contesti metropolitani dove la vita per le famiglie è più difficile». «Il compito di chi amministra non è giudicare i cittadini sul privato ma rispondere ai loro bisogni — ribatte Carmela Rozza, consigliere comunale milanese del Pd —. Milano è piena di single che guadagnano mille euro al mese ma devono pagare dai 700 ai 900 euro per un monolocale. Infermieri, tranvieri. Gente che fa funzionare la città. Per non parlare di chi precipita nell’indigenza dopo una separazione. Eppure questa gente sembra invisibile. Per questo abbiamo presentato emendamenti al Pgt perché si tenga conto anche dei single. Il Comune non può liquidare il problema con qualche posto letto in più nei dormitori pubblici. E anche la politica nazionale deve porsi il problema». Ma dov’è finito l’orgoglio single spesso mostrato dalla pubblicità? Anche a Milano come in altre città del Nord fanno capolino negozi che propongono «liste single» per chi va a vivere da solo. Qualcuno festeggia separazioni e divorzi. E gli orgogliosi di esser soli mettono una fedina sulla mano destra imitando parigini e newyorkesi. Ma, a sentire il sociologo Enrico Finzi, si tratta di una minoranza: «Secondo una nostra indagine i single che subiscono la loro condizione e, per di più, non vedono prospettive di coppia per il futuro sono la maggioranza. Mentre i convinti— quelli che hanno scelto di vivere da soli e pensano di continuare sulla stessa strada in futuro — sono poco più del 15 per cento».
di Rita Querzè - Corriere della Sera del 13 gennaio 2010

Uno spunto di riflessione: da un'indagine della Camera di Commercio di dicembre emerge che per vivere a Milano un single (nel senso di una persona che vive da sola) ha bisogno di 1810€....