9/24/2012

Lo scrittore Pinketts: sopraffatti dai criminali

Intervista Gli ultimi episodi di delinquenza organizzata nel Milanese (ma non solo) ripropongono il tema della sicurezza

Lo scrittore Pinketts: sopraffatti dai criminali

«Ma potenzialmente siamo pronti e in grado di ribattere. Un collasso inevitabile, come negli anni Settanta, quando ci appassionavamo ai poliziotti giustizieri»

Via Muratori,
a Milano, dove recentemente
c´è stato
un regolamento
di conti ...
Benedetta Borsani
L'Italia è ancora il Bel Paese? Parrebbe di no. Ma la vera domanda è: lo è mai stato? Cosa è cambiato? Ne abbiamo parlato con Andrea G. Pinketts, scrittore, che non ha bisogno di presentazioni e che con la sua solita ironia, il suo senso della frase, le sue concretezza, lucidità e franchezza ci ha così risposto, non dopo aver fatto un breve excursus della storia "nera" degli ultimi decenni. Perché non si può capire il presente se non partendo dal passato.
«Siamo al collasso. Un collasso inevitabile, come negli anni 70. Allora eravamo appassionati dei poliziotti giustizieri come Maurizio Merli o Franco Nero, poliziotti incazzati o problematici, o Enrico Maria Salerno (più nobile degli altri due), tutti protagonisti di film in cui "la polizia è al servizio del cittadino o ringrazia". Dopo 35 anni la criminalità è cambiata. Sì, abbiamo il ragazzino che ha il mito di Vallanzasca, ma si tratta di una criminalità diversa.
Secondo lei, Pinketts, il nome di "nuovo Vallanzasca" se l'è dato da solo o gli è stato attribuito dalla stampa? «Direi fifty-fifty e per ovvie ragioni anagrafiche certamente almeno fino all'uscita del film. Il che non demonizza il fatto di raccontare il fatto criminale in una fiction. Anzi. Il nick name viene tratto dall'immaginario reale, ma non dal contesto sociale che inevitabilmente cambia. Ricordo "il solista del mitra" Luciano Lutring (così chiamato per l'abitudine che aveva di nascondere il fucile mitragliatore nella custodia di un violino, ndr). Negli anni Sessanta, salvo eccezioni, la criminalità è figlia dei ladri di pollo del dopoguerra. Negli anni Settanta la criminalità si organizza, ma anche se non si organizza fa in modo che si creino imitatori di bassa leva, ma più pericolosi perché non organizzati. Negli anni Ottanta la criminalità è indotta dalla scoperta della cocaina, mentre oggi te la tirano dietro. Negli anni Novanta i "cosiddetti" cattivi erano i marocchini e il brutto è che era considerato tale chiunque: ivoriano, nigeriano, etiope … che fosse. Successivamente il pericolo è diventato "albanese". Tant'è vero che Erika e Omar, dopo aver compiuto l'atroce delitto, per scaricare le loro colpe dissero che gli assassini erano albanesi. Oggi diremmo romeni. Ogni dieci anni insomma cambia la nazionalizzazione del crimine perfetto. Oggi è chiaro che è la nascita ad imprimere la lettera scarlatta, distinzione di infamia, ma è altrettanto vero che stampa, realtà e costume purtroppo segnano la moda. Faccio un esempio: nel 1991 venni nominato Sceriffo di Cattolica, ossia detective comunale, dall'allora sindaco Gianfranco Micucci, uomo di genio e grande provocatore. La diffusione del crimine era legata alla camorra e chi avrebbe dovuto non se ne occupava. Ebbene: in sei mesi su tutto il litorale adriatico riuscii a far fare 106 arresti. Dopodiché restituii la stella. Tutto ciò dimostra che, quando c'è l'elasticità di pensiero, il pensiero diventa azione e le connivenze (che purtroppo esistono) possono essere spazzate via. Risultato finale: vent'anni fa mi sono scontrato ben prima di Saviano con le infiltrazioni camorristiche, oggi - le mode sono mode - dovrei confrontarmi con le mafie russe».
Niente di nuovo sotto il sole allora?«Niente di nuovo sotto il fronte occidentale, ma molto di nuovo sotto il fronte orientale. Del resto, se penso a Cattolica, mi sono reso conto che, a distanza di anni, i risultati positivi raggiunti avrebbero potuto essere vanificati dal fatto che, nonostante la scorza dura dei cattolichini, essendo Cattolica una città estiva, sarebbe diventata un gustoso boccone per i criminali dell'Est. Fortunatamente di recente ho incontrato il maresciallo dei Carabinieri e il comandante della Marina del porto e ogni dubbio è stato fugato: sono due persone sulle quali scommetterei le mie due palle».
E dopo una pausa aggiunge: «In un contesto più generale credo però che un'eccessiva militarizzazione possa diventare altrettanto pericolosa del cancro che deve estirpare. La regola alla fine è sempre quella: usare la forza anziché la violenza; usare l'intelligenza anziché il pregiudizio; usare il controllo su chi deve essere controllato».
Pinketts, se lei fosse lo sceriffo d'Italia che sceriffo sarebbe?«Sarei un incrocio tra il prefetto Mori e l'ispettore Callaghan, tra Joe Petrosino e Charles Bronson. Ma non lo farei: ci sarebbero troppi effetti collaterali per cui "mi impiccherebbero più in alto", come Clint Eastwood o come un noto statista in piazzale Loreto».
Siamo sopraffatti?«Siamo sopraffatti, ma potenzialmente pronti e in grado di rispondere. Penso a preti come don Gino Rigoldi, che dal Beccaria cerca di trovare contatti umani su realtà suburbane che purtroppo sono urbane. La linea dura serve assolutamente col criminale Dop. I miti vanno smantellati. I nuclei famigliari di forte presenza criminale vanno seguiti e perseguiti, ma mai perseguitati. Un poliziotto che ha a che fare con una situazione di radicata criminalità per tradizione familiare deve essere un po' "assistente sociale" (capire e affrontare il disagio) soprattutto con le giovani generazioni di criminali in erba. E comunque non dimentichiamo mai che la criminalità nasce dall'evidenza della povertà e dal miraggio di una ricchezza facile.
C'è un reale allarme sicurezza?«Sì, ma dipende da come la si gestisce. Lo spiego con una frase tratta dal mio libro "Lazzaro vieni fuori": "Se metti una divisa addosso a un imbecille farà di tutto perché ci appiccichino una medaglia"».
Come vede il futuro?«Penso che abbiano ragione i Maya e spero che l'articolo esca entro il 21 dicembre».

Secolo d'Italia  del 22/09/2012

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