12/13/2007

SPINGENDO LA NOTTE PIU' IN LA'

Mario Calabresi, giornalista di Repubblica, presenta il suo libro
"Spingendo la Notte più in là" in memoria degli anni di Piombo.
"Spararono a mio padre alle 9.15, mentre apriva la portiera della Cinquecento blu di mia madre." È la mattina del 17 maggio 1972, e la pistola puntata alle spalle del commissario Luigi Calabresi cambierà per sempre la storia italiana. Di lì a poco il nostro paese scivolerà in uno dei suoi periodi più bui, i cosiddetti "anni di piombo", "la notte della Repubblica".

ascolta i danni fatti dal terrorismo e dalla violenza politica negli anni 70

Il 12 dicembre 1969 la strage di piazza Fontana: un attentato terroristico nel quale una bomba esplose nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura di Piazza Fontana nel centro di Milano, provocando la morte di sedici persone ed il ferimento di altre ottantotto. Nel corso delle indagini seguite all'attentato, un giovane esponente dei movimenti anarchici milanesi, il ferroviere Giuseppe Pinelli, fu convocato in questura per accertamenti. Pinelli vi fu trattenuto per tre giorni consecutivi e venne sottoposto ad estenuanti interrogatori.
Il 15 dicembre 1969, Pinelli precipitò dalla finestra dell'ufficio del commissario Luigi Calabresi, incaricato delle indagini sul caso, giacendo morto sul selciato. L'inchiesta della magistratura sulla morte di Pinelli, condotta da Gerardo D'Ambrosio, definì il fatto come morte accidentale.
L'inchiesta accertò inoltre che il commissario Calabresi non si trovava nella stanza al momento del fatto. La sentenza dell'inchiesta sulla morte di Giuseppe Pinelli fu emessa nell'ottobre del 1975.

L'Espresso, in tre successivi numeri a cominciare dal 13 giugno 1971, pubblicò un documento, sotoscritto da 800 intellettuali, che definiva il commissario Calabresi «un torturatore», «responsabile della morte di Pinelli» e chiedeva di ricusare i «commissari torturatori, i magistrati persecutori, i giudici indegni». Tra i firmatari c'erano artisti, registi, editori, giornalisti, politici, accademici, filosofi, scienziati, sindacalisti e, in generale, molti tra i più noti esponenti della società e della cultura italiana del tempo.

In tempi recenti alcuni giornalisti vicini al centro-destra hanno pubblicato un elenco parziale dei firmatari, che ha avuto un certo risalto nei media legati alle stesse posizioni politiche, vista la presenza in questo di personalità ritenute schierate con i partiti del centro-sinistra o della sinistra presenti e passati (in ordine alfabetico): Enzo Enriques Agnoletti, Giorgio Amendola, Franco Antonicelli, Giulio Carlo Argan, Gae Aulenti;Andrea Barbato, Franco Basaglia, Marco Bellocchio, Giorgio Benvenuto, Bernardo Bertolucci, Alberto Bevilacqua, Norberto Bobbio, Giorgio Bocca, Giampiero Borella; Mauro Calamandrei, Pierre Carniti, Andrea Cascella, Liliana Cavani, Camilla Cederna, Lucio Colletti, Furio Colombo, Luigi Comencini; Gillo Dorfles; Umberto Eco, Giulio Einaudi; Federico Fellini, Inge Feltrinelli, Franco Fortini; Giovanni Giudici, Vittorio Gorresio, Ugo Gregoretti, Renato Guttuso; Margherita Hack; Vito Laterza, Carlo Levi, Primo Levi, Nanni Loy; Dacia Maraini, Carlo Mazzarella, Paolo Mieli, Giuliano Montaldo, Morando Morandini, Alberto Moravia; Toni Negri, Grazia Neri, Luigi Nono; Gian Carlo Pajetta, Pier Paolo Pasolini, Paola Pitagora, Fernanda Pivano, Giò Pomodoro, Gillo Pontecorvo, Paolo Portoghesi, Domenico Porzio; Folco Quilici; Giovanni Raboni, Carlo Ripa di Meana, Vittorio Ripa di Meana, Angelo Ripellino, Carlo Rognoni, Lalla Romano, Carlo Rossella; Salvatore Samperi, Natalino Sapegno, Sergio Saviane, Eugenio Scalfari, Enzo Siciliano, Mario Soldati, Paolo Spriano; Vittorio Taviani, Carlo Taviani, Paolo Taviani, Massimo Teodori, Umberto Terracini, Tiziano Terzani, Duccio Tessari, Ernesto Treccani, Giuseppe Turani; Emilio Vedova, Lucio Villari; Livio Zanetti (Direttore de l'Espresso fino al 1984), Cesare Zavattini, Bruno Zevi.

Il 18 maggio 1972 il giornale Lotta Continua titolò: «Ucciso Calabresi, il maggior responsabile dell'assassinio Pinelli». Nell'articolo era possibile leggere come l'omicidio Calabresi fosse esaltato quale «atto in cui gli sfruttati riconoscono la propria volontà di giustizia»

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