6/11/2010
Tremonti ha ragione. Così come sono, i Consigli di Zona è meglio abolirli
“Tremonti ha ragione. Così come sono,
i Consigli di Zona è meglio abolirli”
Secondo il Ministro Giulio Tremonti, i Consigli di Zona, organi del cosiddetto decentramento comunale, sono organi inutili che vanno smantellati, anche per contribuire a ridurre i costi della politica. Stante la loro attuale funzione, ritengo che sia particolarmente difficile contestarlo.
L’alternativa sarebbe quella di attribuire ai Consigli di Zona, come avviene già in alcune realtà, reali poteri e risorse su materie (es. autorizzazioni varie in materia di piccoli interventi edilizi, utilizzo e gestione di spazi pubblici, interventi di politica sociale) legate alle concrete esigenze di una determinata zona. Il loro costo attuale verrebbe compensato da una ancor più rilevante riduzione di costi sociali ed economici che, oggi, gravano direttamente sui cittadini. Essendo però difficile, in mancanza di una volontà politica, che ciò avvenga, allora è meglio chiudere definitivamente un’esperienza che a Milano non è mai decollata, attribuendo però delle specifiche responsabilità e deleghe ai Consiglieri comunali.
In base ai risultati elettorali, ad esempio, al Consigliere comunale di maggioranza che ha conseguito il maggior numero di preferenze in una determinata Zona, potrebbe essere conferita una sorta di rappresentanza degli interessi della stessa, mettendolo in condizione di potersi confrontare direttamente ed ottenere pubbliche risposte dal Sindaco e dagli Assessori competenti sulle questioni da Lui sollevate.
Non sarà una rivoluzione, ma almeno le Zone disporrebbero di una reale rappresentanza a livello cittadino.
Perché non cominciare a discutere delle possibili alternative in un’assemblea di tutti i Consiglieri di Zona?
Milano, 10 giugno 2010
5/03/2010
Il Parrocco: accattonare è diseducativo
4/29/2010
4/28/2010
Milano: Bando di contributi ai giornali di zona
4/26/2010
Dovere di cronaca - l'intervento di Gianfranco Fini all'Assemblea nazionale del PDL
Ringrazio il presidente del partito e tutti gli amici della direzione nazionale e dei gruppi parlamentari, e credo che questa riunione sia un appuntamento utile e per certi aspetti indispensabile per fare chiarezza. Ce n’è necessità per il doveroso rispetto che ognuno deve a se stesso e direi ancor di più per il rispetto che tutti insieme dobbiamo agli italiani. ..... CONTINUA A LEGGERE...
4/23/2010
Roberto Formigoni proclamato ufficialmente presidente
Gianfranco Fini: «Attenti al centralismo carismatico»
4/21/2010
Le ragioni finiane _ di Giuseppe Valditara

4/17/2010
MARZIO TREMAGLIA (1959-1995)

Milano sabato 17 e domenica 18 aprile 2010
Il 22 aprile correrà l'anniversario del primo decennale della morte di Marzio Tremaglia, Assessore alla Cultura della Regione Lombardia dal 1995. Il suo esempio di credente ed il suo lavoro di amministratore costituiscono oggi un’eredità preziosa per chi desidera “guardare oltre” gli attuali scenari politico/culturali. Lo ricorda, a dieci anni dalla prematura scomparsa, la Provincia di Milano, per iniziativa del Presidente On. Guido Podestà e del Vice Presidente e Assessore alla Cultura, Novo Umberto Maerna, in collaborazione con Ares/Associazione Ricerche e Studi e la Fondazione Tremaglia e con il patrocinio della Regione Lombardia e del Comune di Milano. Sabato 17 aprile alle 18.30, alla Basilica di San Babila (Piazza San Babila, Milano), verrà celebrata una messa in suffragio. Domenica 18 aprile, dalle 10.30, nella Sala Affreschi di Palazzo Isimbardi (Via Vivaio 1, Milano) si terrà una giornata di studi per ricordarne la figura e l’opera. Alla giornata di studi, dopo l’apertura dei lavori con un saluto dell’On. Guido Podestà, Presidente della Provincia di Milano e Novo Umberto Maerna, Vice Presidente e Assessore alla Cultura, interverranno: On. Massimo Corsaro, deputato in Parlamento - Cesare Cavalleri, Associazione Ares - Gianfranco de Turris, giornalista RAI - Luca Gallesi, Fondazione Marzio Tremaglia - Giorgio Galli, Università degli Studi di Milano - Luciano Garibaldi, giornalista e scrittore - Gabriele Mazzotta, Fondazione Mazzotta - Giuseppe Parlato, Università San Pio V - Pietro Petraroia, Regione Lombardia - Claudio Risè, Fondazione Piccolo Teatro - Stenio Solinas, giornalista de il Giornale - Marcello Veneziani, giornalista de il Giornale - Stefano Zecchi, Università degli Studi di Milano.Ingresso libero.
Il "Credo" di Marzio Tremaglia
"Credo nei valori del radicamento, della identità e della libertà; nei valori che nascono dalla tutela della dignità personale. Sono convinto che la vita non può ridursi allo scambio, alla produzione o al mercato, ma necessita di dimensioni pià alte e diverse. Penso che l'apertura al Sacro e al Bello non siano solo problemi individuali. Credo in una dimensione tipica della vita che si riassume nel senso dell'onore, nel rispetto fondamentale verso se stessi, nel rifiuto del compromesso sistematico, e nella certezza che esistono beni superiori alla vita e alla libertà per i quali a volte è giusto sacrificare vita e libertà".
4/16/2010
FINI ACCOGLIE L'INVITO INDIRIZZATO DA LOMARTIRE AL PDL DI AVERE PIU' CORAGGIO

Non è solo la partita delle riforme, non è solo il rapporto con la Lega, il Sud, lo sviluppo, il diritto al dibattito interno, l'irritazione per certe esibizioni cesariste. Non è più la tanto celebrata differenza antropologica tra il tycoon che si è fatto premier e l'ex-ragazzo di Bologna che fa politica dall'adolescenza. Nel gioco a carte scoperte che ieri si è aperto nel Pdl, dopo un anno di schermaglie e mezze verità, c'è un elemento poco valutato dai media e che invece conta moltissimo: la sensazione che senza un atto di rupture, di autentica discontinuità nel modus operandi del partito e della maggioranza, i prossimi tre anni possano segnare la fine della storia della destra italiana, sostituita da un generico sloganismo e dall'ottimismo dei desideri in luogo dell'antico ottimismo della volontà. Una delle preoccupazioni principali dei tanti parlamentari "ex An" che ieri si sono affacciati nello studio di Fini per avere notizie e discuterne, era quella che la scelta di aprire una partita trasparente e alla luce del sole con Berlusconi fosse interpretata dai media con il consueto stereotipo del "tradimento", dell'ingrato che morde la mano che lo ha allevato. Un timore legittimo, visti i precedenti di criminalizzazione di ogni accenno di dibattito, di ogni spunto di riflessione non coincidente con il puro "sissignore". Ma anche un complesso da superare, una volta per tutte. Il mondo che Gianfranco Fini ha portato nel "mare aperto del Pdl", invitandolo a fare politica finalmente in un contesto maggioritario, fuori dall'antico schema della minoranza assediata, ha tutte le qualità e i numeri per chiedere rispetto e agibilità: quando esprime un'idea come quando si deve concordare una lista. È un mondo che quando parla di economia non può accontentarsi di argomentare la tesi "meno male che c'è Tremonti", perché ha una sua analisi e sue specifiche proposte che vorrebbe vedere almeno ascoltate, se non discusse. È un mondo che quando parla di legalità ha in mente Borsellino e non la tempistica del processo Mills. È un mondo che se parla di giovani, e scuola, e precari, non si accontenta di dire "abbiamo fatto la rivoluzione del merito" perché sa che non è vero, che l'Italia è uno dei Paesi più immobili d'Europa e che se non si rimette in moto l'ascensore sociale ci perderemo per strada una generazione intera. È un mondo che è cresciuto nel più assoluto rispetto dell'unità nazionale e trova difficile inghiottire i rospi di certe provocazioni leghiste, né capisce perché dovrebbe farlo: la Lega ha al Nord il 13 per cento, circa quanto il vecchio Msi aveva a livello nazionale, e se si "spalma" questa percentuale su tutta Italia ha il 4, forse il 5 per cento. Le corsie preferenziali che le sono state aperte sono numericamente immotivate e politicamente disastrose per chi, in Veneto o in Lombardia, deve difendere le liste del Pdl dalla concorrenza del Carroccio. Un anno fa, appoggiando senza riserve la scelta del nuovo partito unitario, la metafora che noi del Secolo usammo fu: ora chi ha più filo da tessere, tessa. Scommettavamo su noi stessi, sulle nostre capacità e competenze, sulla qualità e moralità della nostra classe dirigente. Ieri abbiamo visto uno come Vincenzo Zaccheo, sindaco di Latina dove il Msi era maggioranza relativa già nel ‘93, prima di An, mandato a casa dalle manovre del senatore Claudio Fazzone, padrino politico di Fondi, un Comune indicato dal Prefetto (non da Santoro o Floris) come infiltrato dai casalesi e candidato da Maroni (non dalla Gabanelli o dalla Dandini) allo scioglimento e al commissariamento. Dov'è la tela che dovremmo tessere? Dove il luogo e il modo di far valere le nostre idee e le nostra capacità? Su questo giornale, per fare qualche esempio a caso, abbiamo dovuto difendere una come Renata Polverini dall'accusa di portare una giacca rossa. Uno come Fabio Granata dall'accusa di essersi iscritto al popolo viola. Italo Bocchino ha scoperto di essere stato seguito dai servizi. Della sottoscritta si è scritto che «ha tradito Rauti per un posto in Parlamento», poltrona che ha avuto quindici anni dopo l'uscita di Rauti dal partito. E potremmo continuare per mille righe. Ecco, questo è il nocciolo della partita. Poi, gli appassionati si dedichino pure ai retroscena, alla conta dei numeri, al gioco delle ricuciture possibili. Il comunicato diffuso ieri da Gianfranco Fini ha chiarito che, comunque vada, sarà garantito pieno sostegno al governo per tutta la legislatura: anche questo - la lealtà - è elemento distintivo del nostro dna, irrobustito da antiche esperienze scissioniste che radicarono tanti anni fa il disprezzo per la categoria del tradimento. Su tutto il resto, finalmente si gioca a carte scoperte.
Dovere di cronaca sull'incontro Fini - Berlusconi
colazione a Montecitorio in cui si sfiora la rottura con il presidente della Camera Gianfranco Fini, che mette sul tavolo l'ipotesi concreta di fare suoi autonomi gruppi parlamentari (pronto il nome, 'Pdl-Italia) se non avra' le risposte politiche che da mesi va chiedendo. Fini imputa a premier, governo e Pdl di andare a traino della Lega, accusa accoratamente Berlusconi di non aver tenuto nella giusta considerazione la 'dote' portata dalla destra italiana al Pdl. Non voglio più essere dipinto come 'il traditore' dal tuo giornale di famiglia se chiedo di contare nel determinare la linea politica di un partito che ho fondato - si accalora Fini - non voglio buttare al macero cinquanta anni della storia politica della destra italiana e lasciare che a decidere sia solo tu con Umberto Bossi. Non voglio più che nel Pdl ci sia gente che tu metti in computo a me e che invece risponde solo ed esclusivamente a te. Non mi hai rispettato e consultato per scelte importanti, mi hai fatto perdere peso politico ed hai cercato di marginalizzarmi. E sulle riforme sono stato informato solo dopo di decisioni prese da te a cena con Bossi. Berlusconi ascolta e cerca, in un primo momento, di minimizzare, sdrammatizzare, garantire che sarà lui il punto di equilibrio e coesione nella coalizione. Vista la vittoria elettorale ed i tanti successi del governo, il Cavaliere vorrebbe convincere Fini che si deve andare avanti con ottimismo e tutto si aggiusterà. Ma è qui, davanti a quello che al presidente della Camera pare una sorta di 'comizio' elettorale, che il co-fondatore esplode: Non puoi dirmi ancora una volta che tutto va bene. O ti siedi con me e vediamo come fare in modo che io conti realmente nelle decisioni e nel Pdl, o sono pronto a fare miei gruppi parlamentari autonomi,perché ho la responsabilità dell'area politica che ho portato nel Pdl. Quello che Fini non dice è che il progetto dei gruppi - una 'extrema ratio', diranno i finiani stessi riuniti subito dopo nello studio del presidente - ha già concretezza: è già iniziata la 'conta' che porterebbe più di 50 deputati e 18 senatori a schierarsi senza esitazioni. Per non parlare della componente 'Generazione Italia', già chiamata in convention per il secondo weekend di maggio a Perugia a sostenere Fini. Berlusconi si accomiata chiedendo 48 ore di reciproca riflessione, due giorni per pensarci sù. Poi, ragionando con i suoi, il Cavaliere dice di aspettarsi che, per coerenza, se Fini é davvero intenzionato a formare gruppi parlamentari autonomi, di conseguenza pensi a dimettersi dalla presidenza della Camera. Così come i parlamentari che lo seguiranno, dovrebbero naturalmente tenere in conto che non saranno ricandidati. Intanto Fini mette nero su bianco una nota, nella quale sottolinea di non voler mettere in crisi maggioranza e governo. "Berlusconi deve governare fino al termine della legislatura perché così hanno voluto gli italiani - sgombra il campo da equivoci -. Il Pdl, che ho contribuito a fondare, è lo strumento essenziale perché ciò avvenga. Pertanto il Pdl va rafforzato, non certo indebolito. Ciò significa scelte organizzative, ma soprattutto presuppone che il Pdl abbia piena coscienza di essere un grande partito nazionale, attento alla coesione sociale dell'intero Paese, capace di dare risposte convincenti ai bisogni economici del mondo del lavoro e delle famiglie, garante della legalità e dei diritti civili, motore di riforme istituzionali equilibrate e quanto più possibile condivise". Fini aspetta risposte, ma nei palazzi della politica la tensione è alle stelle. E non aiuta il siparietto del leader leghista Umberto Bossi, che proprio mentre è in corso il teso vertice Berlusconi-Fini, si presenta ad un passo dall'ingresso degli appartamenti del presidente a Montecitorio per dire "con Fini al momento non ci sono problemi" e rivendicare alla Lega il diritto di "prendersi una fetta delle banche", oltre agli assessorati all'Agricoltura in Lombardia, Piemonte e Veneto. In serata, i coordinatori del Pdl Bondi, La Russa e Verdini stigmatizzano le scelte di Fini, che definiscono "incomprensibili" ed esprimono "profonda amarezza". Quella amarezza che il presidente del Consiglio confida ai suoi parlando di autogol di Fini nel caso in cui dovesse decidere di portare alle estreme conseguenze le sue intenzioni. E' il presidente del Senato Renato Schifani a tentare di porre un argine alla complessa giornata: "Quando una maggioranza si divide - invita a riflettere - non resta che dare la parola agli elettori". Ma i finiani Bocchino e Ronchi replicano secchi: si vota solo quando non esiste più una maggioranza che
sostiene il governo. E questo non è.(ANSA). DU-GMB/IRA S0A QBXB
4/08/2010
"Pdl, fuori l’orgoglio" - Un articolo ricco di spunti
aiuto «Facciamo come la Lega. No, facciamo il contrario della Lega. Anzi andiamo contro la Lega. Insomma facciamo concorrenza alla Lega…». Dopo il conclamato successo del Carroccio alle elezioni regionali, è schizofrenica la reazione del Pdl, il partito che al Nord più ha pagato in voti il boom leghista - come avevamo agevolmente previsto. Delle reazioni del Pd, poi, inutile tenere conto: dal dalemiano «la Lega è una costola della sinistra» allo «xenofobi, razzisti e affamatori di bambini» di Rosi Bindi all’ipotesi di «un Pd del Nord» riproposta da Sergio Chiamparino, il disorientamento è totale.
Ma torniamo al Pdl. Grande è la confusione sotto il cielo azzurro. Preoccupazione principale dei finiani di Farefuturo, ossessionati dal desiderio di distinguersi (ma da chi?), sembra quella di «contrastare la Lega» per «ridurne il peso» nella maggioranza, in base alla convinzione che il Cavaliere abbia contribuito alla vittoria di Bossi assecondandone le pretese. Perciò si dia battaglia al Senatùr sul suo terreno, immigrazione e sicurezza, con una politica della cittadinanza e dell'integrazione di grande apertura. Col risultato di rendere Fini, come commenta qualche suo ex sodale, «uno che piace a chi non lo vota e votato da gente a cui non piace». Per La Russa, al contrario, bisogna battere una via ultraleghista: tolleranza zero su immigrazione clandestina e sicurezza. Intanto gli ex di Forza Italia sbandano, oscillano, traccheggiano subendo, non più solo al Nord, la concorrenza elettorale della Lega. Che non possono impedire perché va a beneficio della maggioranza e comunque non sanno contrastare.
Tutti, però, opposizione compresa, tessono le lodi del «radicamento» della Lega, del suo «rapporto col territorio», che a sinistra suscita nostalgie del vecchio Pci, delle sezioni, dei comizi in piazza e dei furgoncini con altoparlanti per le vie dei paesi. La preistoria della politica. E allora, per mettere almeno un punto fermo ed evitare tanta confusione di idee, giusto a proposito di «rapporto col territorio», i vertici locali del Pdl potrebbero ricordare gli interessi reali del Nord, della Lombardia e di Milano. In questi due anni il governo considerato «amico del Nord» si è mostrato invece molto più attento agli interessi di Roma e del Sud. Avrà avuto le sue buone ragioni - i disastri finanziari romani, palermitani e catanesi; la spazzatura napoletana, il terremoto abruzzese - ma è così. L’ultimo esempio è di questi giorni: i fondi per la ricerca medica quasi tutti all'ateneo Federico II Napoli dimenticando la Statale di Milano che di risultati ne produce infinitamente di più. Alla faccia del merito. In nome di una malintesa «solidarietà nazionale», i dirigenti azzurri a volte sembrano averlo dimenticato. La stessa Lega moltissimo ha concesso, a cominciare dai privilegi normativi e finanziari per «Roma Capitale» - ma non era «Roma ladrona»? - pur di far digerire il suo federalismo fiscale. Bene, è ora che il Pdl lombardo mostri un po’ di orgoglio e si occupi della Lombardia e di Milano. Del territorio, appunto: chiedendo, esigendo, pretendendo. E non va certo in questo senso la defezione dell’ultimo momento del sindaco Moratti dalla manifestazione dei 500 sindaci lombardi contro l’iniquo patto di stabilità che, di fatto, premia i comuni scialacquatori e punisce i virtuosi. Sempre alla faccia del merito.
Se davvero Bossi vuol fare il sindaco di Milano non basta dirgli di no, anche se l’altolà di Berlusconi dovrebbe essere più che sufficiente. Bisogna dimostrare - e non è difficile - che per questa città la Lega non ha fatto molto, a parte proclami contro l’immigrazione clandestina e per la sicurezza. Forse ha ragione Philippe Daverio, già assessore della non rimpianta giunta Formentini, quando dice che «Bossi detesta Milano». Che almeno i dirigenti del Pdl mostrino di amarla. Perfino, se necessario, manifestando contro il governo.
4/02/2010
"De Brunetta atque Castelli": Valditara, gli elettori sono stufi dei doppi incarichi

3/30/2010
DONA IL TUO 5 X MILLE PER LA RICERCA CONTRO LA SLA

Per cortesia, leggete fino in fondo. Grazie. Benedetta
Le difficoltà in cui versa la ricerca nel nostro Paese sono in parte compensate dalla generosità delle piccole e grandi donazioni private. Da alcuni anni, grazie ad una legge lungimirante, è possibile finanziare direttamente la ricerca sanitaria e/o scientifica di una determinata istituzione scrivendo il suo codice fiscale e mettendo una firma nelle apposite caselle, in occasione della dichiarazione dei redditi, effettuata attraverso il CUD o il modello 730 o quello Unico. Si tratta di un gesto che, è bene ricordarlo, non costa nulla al contribuente.
Data l’importanza dei fondi che vengono successivamente ripartiti dall’Agenzia per le Entrate, nell’approssimarsi della compilazione dei redditi, si è scatenata e si scatena una vera e propria competizione, con anche importanti investimenti pubblicitari da parte di diversi Istituti di ricerca, per aggiudicarsi fette consistenti della ‘torta’ dei finanziamenti.
La Fondazione IRCCS Istituto Neurologico ‘Carlo Besta’, essendo vincolata, in quanto ente pubblico, a precisi obblighi di spesa e non avendo grandi mezzi a disposizione, si è sostanzialmente sempre affidata, tranne una limitata campagna pubblicitaria, ai suoi pazienti, ai loro familiari e ai propri collaboratori. Negli ultimi tre anni le scelte effettuate direttamente a favore della Fondazione sono risultate sostanzialmente stabili (circa 7.000), ma gli stanziamenti sono risultati in calo. Il Consiglio di Amministrazione per ottimizzare l’utilizzo di tali finanziamenti ha deciso di finalizzarli, di volta, in volta, ad un preciso progetto. I fondi che sono stati raccolti nel 2007, ma che non sono ancora arrivati, sono ad esempio stati finalizzati a sostegno della conferma degli incoraggianti risultati di uno studio pilota, che ha dimostrato che l’eritropoietina, farmaco utilizzato nella pratica clinica per curare l’anemia e nota alla cronaca per l’uso improprio come doping nei ciclisti professionisti, oltre ad essere ben tollerata dai pazienti, aveva anche una possibile efficacia neuro protettiva sui pazienti con Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA): una gravissima malattia neurodegenerativa che conduce invariabilmente alla morte nell’arco di pochi anni.
Anche per la dichiarazione dei redditi relativi al 2009, il Consiglio di Amministrazione ha stanziato un oculato stanziamento per una campagna pubblicitaria, ma resto convinto che il contributo maggiore non possa che venire da chi conosce direttamente l’importanza del lavoro di ricerca e cura che quotidianamente si svolge in via Celoria.
Le oltre 800 persone che ogni giorno, con passione e sacrificio, prestano a vari livelli la loro opera per prevenire e curare le malattie neurologiche o le tante persone che per varie ragioni devono frequentare l’Istituto sono, infatti, i migliori testimonial di quanto sia importante l’attività di ricerca, messa a punto al Besta e direttamente portata al letto del paziente con buoni risultati,.
A differenza di altre istituzioni la cui attività è piuttosto precisa, noi abbiamo l’apparente difficoltà di occuparci di tante problematiche diverse (Tumori cerebrali nei bambini e negli adulti, Parkinson, Alzheimer, demenze senili, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, miastenia, Corea di Huntington, cefalee croniche, epilessia e patologie neurologiche dell’infanzia). La piccola campagna pubblicitaria che stiamo predisponendo con l’aiuto creativo gratuito della PirellaLoweGoettsche mira proprio a trasformare questa apparente difficoltà di comunicazione in un punto di forza per far meglio conoscere ed apprezzare i nostri sforzi di continuo aggiornamento e di innovazione delle possibilità di cura.
Per continuare a farlo e a farlo sempre meglio, abbiamo bisogno di un sostegno ancora più grande. A tutti chiedo un grande sforzo, utilizzando i materiali cartacei ed elettronici che a giorni saranno disponibili, per coinvolgere il maggior numero di persone possibile nel sostegno al nostro lavoro di ricerca e cura. Sono certo che chi ci legge saprà comprenderlo. Aiutandoci.
3/24/2010
3/13/2010
FINI: pesi e contrappesi della Democrazia
3/01/2010
2/24/2010
L'affarismo è il nuovo terrorismo - di Giampaolo Pansa
Come è orrendo questo inverno 2010! L’Italia si guarda allo specchio e scopre di essere mangiata dai vermi. Sono vermi famelici, mai sazi, capaci di fare strazio di tutto, pur di guadagnare, di arricchirsi, di diventare sempre più grassi, di dominare il campo, di spazzare via chi non ci sta a farsi divorare. È quello che si intravvede dall’inchiesta sugli appalti della Protezione civile. Finiti nelle mani di affaristi che mi ricordano i terroristi degli anni Settanta e Ottanta.I primi sparavano e mettevano bombe, accoppando centinaia di cristiani. I secondi rubano, corrompono, arruolano politici, magistrati, alti dirigenti dello Stato. E distruggono ogni fiducia nella Repubblica, intesa nel suo significato più vero: cosa pubblica, patrimonio di milioni di cittadini onesti, che si rendono conto di essere sfregiati dai mostricciatoli del tangentismo.Confesso che non avevo voglia di scrivere questo Bestiario. Negli anni di Tangentopoli, avevo raccontato con puntiglio quanto accadeva. L’inizio dell’indagine. Il suo sviluppo terrificante. La morte di quasi tutti i partiti. La caduta di leader che sembravano eterni. La gloria dei magistrati inquirenti, angeli con la spada da elevare agli altari.Ero convinto che la punizione dei tangentari, anche se gonfia di eccessi e viziata dalla parzialità politica, sarebbe servita a fare dell’Italia un paese decente. Ma oggi ho la conferma che tutto è ricominciato. Come allora, peggio di allora. Qui non voglio parlare dell’indagine giudiziaria iniziata dalla Procura della Repubblica di Firenze, poi passata a Roma, quindi a Perugia e adesso estesa all’Aquila terremotata. Leggo dodici quotidiani al giorno. Mi immergo nelle paginate che citano migliaia di intercettazioni. Guardo i talk show televisivi dedicati all’inchiesta. E mi rendo conto di sapere ben poco di quanto è accaduto. La verità che cerco, che cercano tanti cittadini angosciati quanto me, mi sfugge ancora. Un’araba fenice che non si lascia afferrare.Guido Bertolaso è colpevole o innocente? Devo credere o no a quanto va dicendo nei processi che si celebrano davanti alle telecamere? Noi giornalisti stiamo mettendo il fango nel ventilatore o cerchiamo di fare un po’ di luce? Esiste o no la Spectre di affaristi-terroristi che rapinano le casse dello Stato, ovvero i soldi versati anche da noi pochi contribuenti onesti? Facendo strame del principio che tutti hanno gli stessi doveri nei confronti della legge?Però esiste una cosa che vedo con una chiarezza: la presenza dei vermi che divorano quanto gli serve per ingrassare. Sono ben di più che negli anni di Tangentopoli. Non si annidano nei partiti, ma dentro la società italiana. Per questo sono più forti, più numerosi, più famelici. Anche perché i partiti sono scomparsi. È un partito il Popolo della libertà, subito travolto da correnti e clan personali, guidato da un premier, Silvio Berlusconi, ormai debole e incapace di decidere qualsiasi cosa? È un partito quello Democratico, dove non comanda nessuno e che si allea con chi punta a svuotarlo? Ecco perché il tangentismo è diventato uguale al terrorismo. Non cancella soltanto la supremazia della legge e il senso dello stato, cardini di qualunque democrazia. Come ha ben spiegato Marco Vitale sul Corriere della sera, spegne, umilia e distrugge ogni spinta a fare bene. E incita a fare male. Manda avanti i peggiori. Induce a pensare che con il denaro si possa conquistare qualunque cosa. E che sia possibile comprare la politica. Per mutarla in una escort a pagamento e impedirle di fare il suo dovere. Ma a mio parere il terrorismo tangentaro fa anche di peggio. Diffonde i vermi dall’alto in basso. In questi giorni abbiamo visto piccoli politici e funzionari statali periferici incassare buste di denaro contante per tradire i propri doveri. Sapete quale è stato il commento degli italiani senza potere? Se i pesci piccoli si comportano così, chissà quel che faranno i pesci grossi. È in alto che l’impunità diventa uno scudo d’acciaio. Il pesce marcio puzza sempre dalla testa. Un tempo si usava dire: tutto è mafia, dunque niente è mafia. Oggi quel motto si è rovesciato: se il vertice è mafioso, perché la base non dovrebbe esserlo?Tanti anni fa, il terrorismo delle Brigate rosse è stato sconfitto da magistrati coraggiosi e, soprattutto, da forze dell’ordine capaci e decise. Allora gli italiani avevano compreso che non ci potevano essere mezze misure. Valeva il principio che, se tu uccidi, io ti uccido per evitare che tanti cittadini per bene siano destinati alla tomba. Ce lo ricordiamo il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa? È uno degli eroi che hanno salvato l’Italia, per poi finire assassinati dal terrorismo mafioso. Esiste un nuovo Dalla Chiesa in grado di fermare l’assalto dei vermi tangentari? Temo di no. Il mio timore si fonda su una convinzione: che la politica non abbia nessuna voglia di mandare in campo uomini come lui e dotati degli stessi poteri. Per volerlo, l’Italia del 2010 avrebbe bisogno di altri partiti, di altri leader, di altri governi. Non vedo nulla di simile all’orizzonte. Anche perché manca la volontà di uscire dalle parzialità faziose che si esauriscono nei cortei di questo o quel colore, e nelle risse televisive.Non siamo soltanto un Paese di corrotti, ma anche di impotenti, di dormienti. Prima o poi, ci sveglieremo sotto le raffiche di altri vermi, di un nuovo terrorismo armato. Ma allora sarà troppo tardi. La corruzione avrà divorato tutto. E non resterà più nulla da salvare.
2/21/2010
La Costituzione italiana, venerdì 5 marzo 2010
