5/31/2012

A MILANO, IL VII INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE

Il cuore di Milano batte per Benedetto XVI. Lo si sente ora anche camminando per strada, nonostante sia da mesi che ci si sta preparando nelle parrocchie. Milano saprà confermarsi città accogliente? Io me lo auguro, ma potremo discuterne il 4 giugno, quando potremo tirare le somme su come saremo riusciti ad accogliere le centinaia di migliaia di pellegrini previsti. Perché la sfida non è per la sola Chiesa cattolica, è per tutta la città che verrà sottoposta alla prima vera prova del nove in vista di Expo 2015. E più che la reazione delle Istituzioni, per ora tutte prevedibili, sarà interessante vedere il comportamento della città di Milano difronte alla visita del Santo Padre in programma questa settimana. Milano è da sempre infatti una città che vive di vita propria, con tutte le sue sfacettature e le sue contraddizioni; una città che da sempre anticipa nel suo quotidiano qualsiasi presa di coscienza politica. Ma Milano è diventata anche città vecchia, l’età media è di 45 anni; i bambini non nascono, se non quelli dei nuovi milanesi, i cosiddetti “stranieri”; i single hanno superato in numero la famiglia tradizionale e c’è chi cerca persino - proprio nella settimana dedicata alla famiglia tradizionale, quella tanto per chiarire basata sul diritto naturale - cerca di metterla in discussione pubblicando discutibili bandi comunali. E paradossalmente c’è chi si lamenta cercando di innescare sterili polemiche con l’imminente visita del Dalai Lama (prevista a Milano il 27 e 28 giugno) scordandosi, o facendo finta di socrdarsi, non solo che la nostra tradizione è fortemente legata e basata sui valori della religione cristiana, ma anche dei buoni rapporti e delle “affinità” tra due religioni. Ma tant’è. Eppure nella nostra veloce Milano c’è più frenesia. La città inizia ad elettrizzarsi.I mezzi pubblici si stanno colorando di bianco e rosso, i colori delle magliette dei volontari - i Papa Boys - che da tutta Italia e non solo sono arrivati per accogliere il Santo Padre. Con entusiasmo e allegria. C’è persino chi fa previsioni mirabolanti sull’indotto generato e comunque questa è già una bella risposta, una bella boccata d’ossigeno in tempi di crisi, un “piccolo miracolo” già fatto da Papa Benedetto XVI per Milano. Personalmente sento di ringraziare il Santo Padre per aver posto l’accento sulla famiglia, sul ruolo essenziale che ha nella formazione del singolo individuo, singolo individuo che poi è anche singolo cittadino, elemento portante e costituente della nostra società. E in questi tempi bui dove tutto fa acqua, dove le istituzioni hanno gettato la spugna delegando totalmente ad associazioni private il compito di sostenere, nel vero momento del bisogno, i cittadini, abdicando così in modo assoluto al loro ruolo di pater familiae cui sono chiamate, una forte richiamo era necessario. Insomma, grandi sono le attese e grandi le aspettative sulle parole che Benedetto XVI userà, ma ancora di più sulla reazione che questo evento - dall’eco mondiale - innescherà e già ha cominciato ad innescare, partendo da Milano.



La visita ufficiale del Papa durerà tre giorni, il 1°, il 2 e il 3 giugno. Gli eventi più coinvolgenti saranno venerdì alle ore 17.30 quando in Piazza Duomo Benedetto XVI parlerà alla cittadinanza; sabato quando incontrerà i cresimandi allo Stadio di San Siro- alle ore 11 - e la sera (alle ore 20.30) quando incontrerà le famiglie all’Aeroporto di Bresso per la Festa delle Testimonianze e infine domenica mattina, alle ore 10, quando celebrerà la Messa solenne. Tutte le informazioni utili su come muoversi e partecipare a tutti gli eventi organizzati nella settimana che precede la visita del Santo Padre sono reperibili al sito family2012.com .

4/14/2012

Paletti a Equitalia

La Cassazione applica il limite per i crediti over 8 mila euro
Paletti a Equitalia  - Senza esproprio nessuna ipoteca
di Debora Alberici  (Italia Oggi)
Equitalia non può iscrivere ipoteca per crediti non realizzabili con l'espropriazione immobiliare. Neppure dopo il decreto 40/2010. Lo hanno stabilito le Sezioni unite civili della Cassazione che, con sentenza n. 5771 del 12 aprile 2012, hanno confermato e consolidato questo orientamento [...]

2/29/2012

Inno al San Marco

Inno al San Marco
(l'inno delle Fanterie di Marina nella versione degli anni '30)

Popol d’Italia avanti, avanti,
bagna nel mar le tue bandiere,
gente di mille primavere
l’ora dei forti suonerà.
Stretto il patto con la morte
chiusa in pugno abbiam la sorte,
sui leoni l’abbiam giurato per l’eterna libertà, la libertà...

San Marco San Marco
cosa importa se si muore
quando il grido del valore con i fanti eterno stà.

Arma la prora o marinaio
Vesti la giubba di battaglia
per la salvezza dell'Italia forse doman si morirà.
Come a Lissa così a Premuda
pugneremo la spada nuda
sui leoni l'abbiam giurato
per l'eterna libertà (la libertà).

San Marco San Marco
cosa importa se si muore
quando il grido del valore con i fanti eterno stà.

2/12/2012

2/01/2012

1/07/2012

12/23/2011

Natale 2011



curiosa curiosità: cartellino anche per gli smart phone

(ANSA) - ROMA, 23 DIC - Alla Volkswagen anche il Blackberry timbra il cartellino: d'ora in poi lo smartphone del colosso canadese Rim 'stacchera'' con il dipendente. La decisione è stata presa in seguito al pressing della casa automobilistica tedesca, i cui 'colletti bianchi' - certo non i soli nel mondo dei manager dotati di Blackberry - si lamentano della costante intrusione nella vita privata della lucina rossa lampeggiante che giorno e notte segnala i messaggi in arrivo. In base all'intesa - rivela oggi il Financial Times - il server Volkswagen smetterà di inoltrare le mail 30 minuti dopo la fine dell'orario di lavoro del dipendente per riprendere a trasmetterle mezz'ora prima dell'inizio della nuova giornata. L'accordo riguarda i mille dipendenti Volkswagen dotati del Blackberry aziendale ma non i top manager e altri il cui contratto non è coperto dal patto sindacale. Non è chiaro se costituirà un precedente in altre aziende tedesche che hanno un sindacato potente come quello di Volkswagen. "Le nuove possibilità di comunicazione contengono anche pericoli intrinseci", ha spiegato Heinz-Joachim Thust, un rappresentante dei dipendenti della casa del 'Maggiolino'. L'iniziativa è una risposta alla trasformazione del Blackberry da 'giocattolo' e status symbol per dirigenti a 'trappola' della 'corporate life' che comporta il dovere di essere disponibile 24 ore di 24: non a caso, proprio in virtù del suo potere di creare dipendenza, gli smartphone della Rim sono stati soprannominati 'Crackberry'.

11/28/2011

LOTTA ALLO SMOG: UNA VOCE FUORI DAL CORO

    Riporto una lettera inviata al Corriere della Sera. Aspetto i vostri commenti. Buona lettura.


Cara signora Bossi, 
amo Milano e provo dolore e rabbia nel vedere come questa città sia decaduta e mi indigno per una certo andazzo politico e giornalistico assai superficiale e così «politicamente corretto» da risultare spesso sciocco. Prendiamo la questione del traffico. Non entro nel merito, qui, della tassa d'ingresso nel centro e dei guai che provocherà. Prendiamo i parcheggi. Non basta scoraggiare le auto a circolare: esistono e vanno parcheggiate. È evidente che a Milano ci sono più auto che parcheggi. La divisione in strisce gialle e blu rende più difficili le cose, anziché semplificarle. Quindi sosta selvaggia. Fare parcheggi sotterranei è quasi impossibile e anche quando si fanno ci vogliono anni, costano tanto, sono pochi. I lavori che si stanno facendo in gran parte della città tendono esplicitamente a ridurre i posti auto. Prendiamo la zona Solari dove è successo il tragico episodio di cui si parla in questi giorni. Si stanno facendo da mesi lavori che, oltre a ostacolare il traffico e a ridurre ulteriormente la sosta, hanno come unico scopo quello di diminuirei posti auto. I cittadini tornano dal lavoro, girano a vuoto per vari quarti d'ora, intasando le vie con un traffico inutile, poi lasciano la macchina dove possono. Potrebbero portare le macchine a casa? Potrebbero trovare parcheggi a pagamento? No, evidentemente. I parcheggi di corrispondenza con la metropolitana sono pochi e anche insicuri. Lo sdegno e le multe non sono la soluzione. Bisogna fare qualcosa, pensare e progettare. Milano sapeva fare, sapeva pensare. Prendiamo poi la questione biciclette. Girare in bici in città è molto pericoloso. Io non lo farei mai. Incoraggiare l'uso della bici in queste condizioni non è ecologico, ma criminale. Vuol dire causare incidenti e morti. Ci vogliono le piste ciclabili? Certo, ma tracciare righe gialle lungo strade trafficate è demagogico e colpevole. Vogliamo pensare seriamente ai problemi di Milano, affidare a gente competente la sua amministrazione? Maurizio Punzo (ordinario di storia contemporanea alla Statale)

11/25/2011

Un concorso per ricordare l'esodo degli Italiani dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia

Regione Lombardia ha pubblicato il bando di concorso riservato agli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado della Lombardia dedicato al ricordo delle vittime delle foibe e dell’esodo degli italiani dall’Istria, Fiume e dalla Dalmazia nel secondo dopoguerra. Il tema scelto per l’anno scolastico 2011/2012 è “L’esodo degli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia – Ieri un dramma dimenticato, oggi una pagina di storia”. La partecipazione al concorso è aperta a tutti gli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado della Lombardia, sia individualmente che come classe. E’ ammesso al concorso ogni tipo di elaborato realizzato nell’anno scolastico in qualsiasi forma espressiva, purché originale e pertinente al tema. Gli elaborati dovranno pervenire entro e non oltre le ore 12 del 20 gennaio 2012 al Consiglio Regionale della Lombardia nelle modalità previste dal bando. Consulta qui il sito del consiglio regionale con il testo integrale del bando.

11/15/2011

Ora più di prima Popolo della Libertà

Care Amiche, cari Amici, proprio le vicende delle ultime ore mi spingono a scriverVi per spiegarVi perchè ho deciso di rinnovare l'iscrizione al Popolo della Libertà.
Come sapete da tempo sono attiva nell’area del PdL (ho anche svolto un piccolo incarico politico nel Consiglio di Zona 3 a Milano): ora ho deciso di rinnovare l’iscrizione al PdL perchè mi sembra giusto, in una fase di difficile transizione, dare un contributo più diretto a un partito nel quale mi riconosco da tempo e per il quale ho dato il mio impegno attivo in una continuità ideale dalla mia iscrizione ad Alleanza Nazionale.
Per me l’adesione significa soprattutto continuare a fare politica in una forza che mi auguro possa contribuire a portare l’Italia fuori dalle difficoltà che si sono accumulate nel tempo a causa di una crisi globale che ha colpito tutto il mondo, affinché l’Italia, il mio Paese, riprenda il posto che le spetta e che si merita.
La speranza è che anche il mio modestissimo aiuto possa essere utile a ridare al PdL lo spirito delle origini che tanto aveva affascinato gli Italiani. E che il mio esempio venga seguito da quanti nelle recenti elezioni comunali a Milano hanno voluto esprimermi la loro fiducia con il loro voto.
Un cordiale saluto a tutti,
Benedetta Borsani

10/05/2011

MILANO 1945: PER IL BENE DELLA PATRIA Biggini, Bonfantini, Borsani, Pettinato, Silvestri: cinque italiani dimenticati

Giovedì 13 ottobre, alle ore 17, allo Spazio Guicciardini di Milano, con ingresso Via Macedonio Melloni 3: «MILANO 1945: PER IL BENE DELLA PATRIA. Biggini, Bonfantini, Borsani, Pettinato, Silvestri: cinque italiani dimenticati», con...vegno promosso dalla Provincia di Milano/Assessorato alla cultura e organizzato da Testimoni della Storia, sezione culturale dell’Associazione Europa 2000, diretta dal giornalista e storico Luciano Garibaldi e dalla docente e scrittrice Rossana Mondoni. All’interno delle iniziative culturali aventi lo scopo di porre in rilievo gli eventi più positivi e qualificanti, da un punto di vista etico, dei 150 anni dell’Unità d’Italia, si colloca questo convegno teso a ricostruire i nobili tentativi – in gran parte posti in atto a Milano - compiuti da alcune personalità di primo piano su entrambi i fronti della guerra civile che dilaniava l’Italia per giungere ad una conclusione che non comportasse un inutile e crudele spargimento di sangue. Un omaggio, dunque, a coloro che, sia fascisti sia antifascisti, cercarono la pacificazione. I più importanti protagonisti di quei tentativi furono, da parte fascista, il Ministro dell’Educazione Nazionale Carlo Alberto Biggini, il Presidente dei Mutilati di Guerra M.O.V.M. Carlo Borsani e il direttore de La Stampa Concetto Pettinato; mentre da parte antifascista, Carlo Silvestri (il celebre giornalista socialista che era stato il principale accusatore di Mussolini per il delitto Matteotti e aveva pagato con oltre dieci anni di carcere e di confino) e Corrado Bonfantini, alto esponente socialista, comandante delle Brigate Matteotti. Le relazioni saranno svolte da Luciano Garibaldi, giornalista e storico, che parlerà di Carlo Silvestri; Ugo Finetti, storico e studioso della Resistenza, che parlerà di Corrado Bonfantini; Rossana Mondoni, docente di storia e scrittrice, che parlerà di Concetto Pettinato; da Carlo Alberto Biggini, fondatore e vicepresidente dell’Istituto Biggini di La Spezia, nipote del ministro, cui dedicherà il suo intervento, e da Benedetta Borsani, nipote della M.O.V.M. Carlo Borsani, e autrice di un libro a lui dedicato, che parlerà della figura del nonno.

9/29/2011

POLITICA E RUOLO DEI GIUDICI - Una questione sotto traccia

Editoriale pubblicato sul Corriere della Sera del 28 settembre 2011
di Angelo Panebianco


Se Berlusconi, prendendo atto che il suo ciclo si è esaurito, che la sua posizione è ormai diventata insostenibile anche per l'immagine internazionale del Paese, lasciasse la guida del governo (ma senza favorire ribaltoni, i quali fanno male alla democrazia) si aprirebbe una possibilità: si potrebbe ricominciare a discutere - non dico serenamente ma, almeno, seriamente - del ruolo della magistratura in questo Paese. Al momento, con Berlusconi premier, ciò non si può fare: gli animi sono troppo incattiviti, le passioni troppo viscerali, le partigianerie troppo smaccate e cieche. Solo se Berlusconi lascia, si potrà forse ricominciare a discutere nel merito di cose come l'uso politico delle intercettazioni e la fine che hanno fatto, grazie al famoso circo mediatico-giudiziario, la tutela della privacy , la presunzione di non colpevolezza, eccetera eccetera.
Chi pensa che, andato via Berlusconi, il rapporto fra la politica e la magistratura tornerà facilmente, e spontaneamente, alla normalità, simile a quello che si dà nelle altre democrazie occidentali, non conosce l'evoluzione di quei rapporti. Quando gli storici del futuro indagheranno sull'argomento sceglieranno probabilmente come data emblematica dell'inizio del «grande scontro» fra magistratura e classe politica, il 3 dicembre del 1985: l'allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga inviò al Consiglio superiore della magistratura una lettera in cui vietava al Consiglio stesso di mettere ai voti una censura nei confronti del presidente del Consiglio Bettino Craxi. Cossiga, Costituzione alla mano, negò che il Csm fosse dotato di un tale potere di censura. I settori più militanti della magistratura, spalleggiati dall'allora partito comunista, se la legarono al dito. Alcuni anni dopo, Cossiga diventò oggetto di un attacco concentrico della magistratura militante e del partito comunista. Come mai al Csm era passato per la testa di avere il potere di censurare un primo ministro? Perché negli anni precedenti, per varie ragioni (alcune leggi che avevano notevolmente rafforzato sia il ruolo del Csm sia i poteri delle Procure, il prestigio accumulato dalla magistratura durante la lotta al terrorismo), la magistratura, intesa come «corpo», si era notevolmente irrobustita. Al punto che i suoi settori più politicizzati ritenevano di essere ormai così forti da poter andare allo scontro aperto con la politica.
L'occasione arrivò, grazie alla fine della guerra fredda, con le inchieste sulla corruzione, con Mani Pulite. La corruzione c'era ed era tanta (ma era «di sistema» e per questo avrebbe richiesto una soluzione politica, non penale: lo scrissi allora e non ho mai cambiato idea). Demolendo (ma selettivamente: il Pci si salvò) la vecchia classe politica, la magistratura inquirente aprì quel vuoto di potere da cui sarebbe nata la cosiddetta Seconda Repubblica. Il resto è semplicemente la storia d'Italia dal 1994 (anno dell'ingresso in politica di Berlusconi, nonché dell'avviso di garanzia, rivelato da uno scoop del Corriere , che lo raggiunse a Napoli nel mezzo di una conferenza internazionale) ad oggi.
Poiché la presunzione di non colpevolezza dovrebbe valere per chiunque (anche, guarda un po', per Berlusconi) vedremo in futuro cosa diranno le sentenze (se sentenze ci saranno) in relazione alle inchieste più recenti. Ma il punto politico è che, solo se Berlusconi se ne va, le tante anomalie del rapporto fra magistratura e politica, il grave squilibrio che si è ormai da molto tempo determinato fra democrazia rappresentativa e potere giudiziario, potranno essere discussi senza che tutto venga subito ricondotto al conflitto fra berlusconiani e antiberlusconiani.
Gli amici di Berlusconi ribatteranno: ma in questo modo la si darà vinta proprio ai quei settori della magistratura che dell'attacco al potere politico-rappresentativo hanno fatto la ragione stessa del proprio agire giudiziario. Non credo. La magistratura oggi non dispone più del prestigio di cui godeva all'epoca di Mani Pulite. La sua reputazione, stando ai sondaggi, non è cattiva come quella della classe politica ma ci va ormai molto vicino. Persino il più ottuso dei cittadini capisce che centomila intercettazioni per una inchiesta sono cose da pazzi (e il Csm zitto), persino il più fiducioso rimane disorientato vedendo Procure che si sbranano e inchieste che rimbalzano come palline da ping pong fra Napoli, Roma e Bari. La magistratura è ormai altrettanto logorata della classe politica. I magistrati dotati di più buon senso lo capiscono benissimo. Per questo non dovrebbe essere molto lontano il momento in cui diventerà possibile ristabilire alcune regole (per esempio, quella che vieta di intercettare, anche in modo indiretto, chi occupa cariche istituzionali) da tempo saltate. Serve alla magistratura, serve alla classe politica. E serve al Paese che, tra l'altro, ha il non piccolo problema di convincere gli investitori a fidarsi di nuovo di gente come noi.

9/19/2011

A tempo perso faccio il direttore di giornale, stronzetti (Il Foglio del 19.09.2011)

Berlusconi deve chiedere scusa per i contanti, per i telefonini peruviani, per gli aerei di stato, per le piccole intermediazioni da salotto, e contrattaccare, ma chi chiederà scusa per i titoli di Repubblica e degli altri giornali?  Segui questo link per leggere l'articolo completo

9/15/2011

Lo scontro istituzionale che non serve al Paese (articolo di Stefano Folli)

pubblicato su Il Sole 24 Ore del 15/09/2011

Come il vapore nella pentola a pressione, il nervosismo politico cresce di ora in ora. Impossibile non accorgersene. L'immagine usata da Casini nel dibattito sulla manovra a Montecitorio («la Grecia è dietro l'angolo») viene, certo, da un esponente dell'opposizione: ma possiede una sua efficacia condivisa, anche se poi i punti di vista sul «che fare» divergono in modo drammatico.


L'ipotesi di un governo di unità nazionale (o di transizione, nella versione "soft") resta remota. Al pari dell'altra ipotesi che ne costituisce la logica premessa: il fatidico passo indietro di Berlusconi.

Se non accade un fatto nuovo, se non interviene un evento in grado di spezzare la teca di cristallo in cui è imprigionato l'equilibrio politico romano, la condizione di stasi può durare ancora a lungo. Magari non fino al termine della legislatura, nel 2013, ma abbastanza da snervare protagonisti e comprimari dello psicodramma che va in scena senza risparmio di energie degne di miglior causa.

L'emergenza economica è lì sul tavolo, con tutti i suoi nodi irrisolti. Un esecutivo stremato dall'operazione "pareggio di bilancio" dovrebbe adesso affrontare il mostro del debito pubblico, il vero freno dello sviluppo. Si delineano scenari quasi fantascientifici; 300-400 miliardi da raccogliere attraverso misure drastiche: una spietata patrimoniale, la dismissione del patrimonio statale, riforme strutturali radicali. Tutte cose che la classe politica non è mai riuscita nemmeno a concepire. Se davvero la Grecia è dietro l'angolo, chi avrebbe la forza e la volontà d'inoltrarsi nell'ignoto prima che sia troppo tardi? La domanda oggi non ha una risposta.

In ogni caso, il tema economico è solo metà del problema. L'altra metà riguarda il pasticcio giudiziario o para-giudiziario che domina le cronache e coinvolge il presidente del Consiglio in forme ormai asfissianti. Tracimano le intercettazioni e incalzano le procure.

Oggi è il turno delle conversazioni di Berlusconi con il faccendiere Lavitola. Per domani o dopo o per la prossima settimana ci si attende il peggio, se davvero dovessero esseri diffusi i nastri di cui tutti parlano in questi giorni, contenenti - così pare - pesanti riferimenti a uno o più leader europei.

È un abuso, un'operazione verità, una ferita masochistica inferta alla credibilità nazionale? Sull'uso delle intercettazioni ogni italiano ha maturato un'opinione. Ma sotto l'aspetto politico siamo nel più classico "cul de sac". Veleno puro sparso sulle istituzioni e nessuna soluzione concreta. Si cammina sul ciglio del burrone. Tanto è vero che ieri si è sfiorata una seria tensione istituzionale fra il presidente del Consiglio e il capo dello Stato, anche se non tutti se ne sono accorti.

Non c'è solo la questione dell'interrogatorio come «testimone» a cui Berlusconi è sollecitato con insistenza nell'ambito dell'inchiesta Tarantini: una vicenda che non trova ancora sbocco, ma che non può protrarsi all'infinito.

Il punto cruciale riguarda le intercettazioni e il fango che può derivarne una volta rese di pubblico dominio. Qui la minaccia, poi rientrata, di intervenire con un decreto d'urgenza volto a impedire la pubblicazione di certe frasi compromettenti ha dato un'idea dello stato di rabbia impotente e di frustrazione in cui si trova il premier. Ma anche del rischio che questo comporta. È evidente che Napolitano non firmerebbe un simile decreto. Ma un conflitto istituzionale sulle intercettazioni sarebbe devastante per il Paese: l'ultima disgrazia che ci si può augurare in quest'ora difficile.

È un bene che ieri sera l'ipotesi sia stata accantonata e che ciò sia avvenuto senza esporre più di tanto il capo dello Stato. Ma ogni giorno ha la sua pena. La guerra tra la magistratura e Berlusconi continua, gli strumenti per fermarla non ci sono o non vengono usati da chi di dovere. Lo scontro istituzionale resta sullo sfondo come un pericolo incombente. Non è quello che si può volere per l'Italia nel momento in cui la priorità dovrebbe essere solo una maggiore coesione nazionale. Viceversa c'è il rischio del cortocircuito, mentre la pentola a pressione comincia a sibilare.

7/23/2011

Intervento del Presidente Napolitano all'incontro con i magistrati in tirocinio

Palazzo del Quirinale, 21/07/2011

Signor Ministro della Giustizia,
Signor Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura,
Signor Primo Presidente della Corte di Cassazione,
Signor Procuratore Generale della Corte di Cassazione,
Signori Componenti del Consiglio Superiore della Magistratura,

Cari magistrati in tirocinio,
a tutti voi e a tutti i collaboratori del Consiglio Superiore per il tirocinio e la formazione professionale, il mio più cordiale saluto.
Ringrazio il Vice Presidente on. Vietti per l'intervento di apertura nel quale ha richiamato il ruolo fondamentale che il Consiglio Superiore sta svolgendo per assicurare ai magistrati in tirocinio un valido percorso formativo.
Al Vice Presidente Vietti desidero poi rivolgere un vivo ringraziamento per l'impegno e l'equilibrio con cui ha guidato il Consiglio nel suo primo anno di attività. Con lui mantengo continui contatti che mi consentono di essere costantemente informato e posto in grado di formulare osservazioni e suggerimenti.
Le essenziali e delicate funzioni attribuite al Consiglio Superiore richiedono che non si ponga indugio nella sostituzione del consigliere laico la cui decadenza è stata da tempo dichiarata. Ai Presidenti delle Camere chiederò di adoperarsi, sollecitando i gruppi parlamentari a una concreta assunzione di responsabilità.
A voi, giovani magistrati ormai prossimi all'assunzione delle funzioni, il più caloroso benvenuto.
Come ha detto poco fa il Vice Presidente Vietti, la riunione augurale con i magistrati ordinari in tirocinio è ormai divenuta tradizione e costituisce appuntamento particolarmente importante e di alto valore simbolico.
Per me, che nella veste di Presidente della Repubblica e di Presidente del Consiglio Superiore sono garante dei principi costituzionali dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura, è infatti motivo di compiacimento e conforto incontrare giovani magistrati che si accingono a compiti di grande rilievo con quell'entusiasmo e, assieme, con quella responsabile consapevolezza che trapelano oggi dai vostri volti, come già ebbi modo di constatare negli incontri precedenti con i vostri colleghi, nel maggio del 2008 e nell'aprile dello scorso anno.
Peraltro, debbo purtroppo tornare oggi a denunciare il funzionamento gravemente insufficiente del "sistema giustizia" e la crisi di fiducia che esso determina nel cittadino destinato, come titolare di bisogni e di diritti, a farvi ricorso.
Nelle sedi più autorevoli è stato segnalato il danno che da ciò discende anche per lo sviluppo del Paese sotto molteplici aspetti.
Occorre, da parte di tutti, uno sforzo ulteriore per una migliore organizzazione dei servizi, un'adeguata, coerente e sistematica semplificazione dei procedimenti, un'ampia diffusione di quelle tecnologie informatiche alle quali Governo e Consiglio Superiore stanno peraltro dando encomiabile impulso anche acquisendo concretamente contributi dall'esterno del mondo della giustizia. Auspico che su questi temi permanga vigile l'attenzione del legislatore che ha dedicato a essi alcune previsioni del recente provvedimento sulla stabilizzazione finanziaria.
In effetti, in una fase di seria difficoltà sia per il consolidamento degli equilibri della finanza pubblica sia per il conseguimento, parimenti indispensabile, di un più elevato ritmo di crescita economica in tutto il paese, occorre riconoscere e affrontare senza fatali ulteriori incertezze, lentezze e false partenze, le strozzature che dal lato del sistema giustizia maggiormente pesano sullo sviluppo complessivo del paese. I tempi e le pesantezze del funzionamento della giustizia sono parte della generale difficoltà del risanamento dei conti pubblici, dell'abbattimento dell'ormai insostenibile stock di debito pubblico, e fanno ostacolo a un'intensificazione dell'attività d'impresa e degli investimenti, in particolar modo di quelli esteri.
Gli stessi obbiettivi di fondo - in chiave di evoluzione civile e di rafforzamento della democrazia - cui voi vi siete ispirati nello scegliere la strada del servizio in magistratura : lotta a tutte le forme di criminalità, e in special modo alla criminalità organizzata, sicurezza delle istituzioni e dei cittadini, garanzia del rispetto dei doveri e del godimento dei diritti egualmente sanciti in Costituzione, si incrociano con le pressanti esigenze del rilancio della crescita produttiva e occupazionale, su basi più stabili ed equilibrate. Siete e sarete dunque, col vostro impegno nei ranghi della Magistratura, portatori di una funzione di fondamentale interesse nazionale : anche intervenendo su ogni, singolo concreto caso in cui si manifestino sindromi di violenza, forme vecchie e nuove di corruzione, abusi di potere e attività truffaldine, che oggi dominano la cronaca quotidiana e fortemente impressionano i cittadini onesti.
E' questo l'autentico senso della missione che deve animarvi, con il decisivo supporto della cultura giuridica, della passione per il diritto, della preparazione e della cultura professionale.
Le ragioni della crisi di fiducia nel "sistema - giustizia" possono rinvenirsi certamente in gravi inadeguatezze normative e strutturali, fin troppo analizzate e rispetto alle quali hanno tardato e tardano risposte di riforma, da concepire peraltro con organicità, con equilibrio e con volontà di ampia condivisione. Concorre però alla crisi di fiducia in atto anche un offuscamento dell'immagine della magistratura, sul quale non mi stanco di sollecitare una seria riflessione critica.
Fin dal 2007 - come avrete modo di leggere negli interventi raccolti nella pubblicazione che vi è stata consegnata - ho invitato i magistrati a ispirare le proprie condotte a criteri di misura e riservatezza, a non cedere a fuorvianti "esposizioni mediatiche", a non sentirsi investiti di "improprie ed esorbitanti missioni", a non indulgere in atteggiamenti protagonistici e personalistici che possono mettere in discussione la imparzialità dei singoli, dell'ufficio giudiziario cui appartengono, della magistratura in generale.
L'affermazione e il riconoscimento del ruolo dei magistrati non può prescindere dal rispetto dei limiti che, di per se stesso, tale ruolo impone. Il magistrato deve assicurare - in ogni momento, anche al di fuori delle sue funzioni - l'imparzialità e l'immagine di imparzialità su cui poggia la percezione che i cittadini hanno della sua indipendenza e quindi la loro fiducia.
Vanno perciò evitate condotte che comunque creino indebita confusione di ruoli e fomentino l'ormai intollerabile, sterile scontro tra politica e magistratura.
Ciò accade ad esempio, quando il magistrato si propone per incarichi politici nella sede in cui svolge la sua attività oppure quando esercita il diritto di critica pubblica senza tenere in pieno conto che la sua posizione accentua i doveri di correttezza espositiva, compostezza, riserbo e sobrietà.
Ho perciò apprezzato gli orientamenti che il Consiglio Superiore e la sua Sezione disciplinare hanno recentemente espresso in proposito ribadendo poi, per la parte relativa all'esercizio di uffici politici, anche la necessità di un urgente intervento legislativo.
Su questi punti si è ieri soffermato con voi anche il Presidente Lupo sottolineando che la spettacolarizzazione piuttosto che il concentrarsi nel silenzioso impegno quotidiano rischia di spingere la professione del giudice al centro di polemiche personali e di conflitti istituzionali e che, solo nell'esercizio imparziale dei suoi compiti, il magistrato può conquistare e meritare credibilità "pur se contingentemente può dispiacere ad alcuni o a molti".
Ieri, facendo proprio l'insegnamento di Antonio Brancaccio - già mio compianto predecessore al Ministero dell'Interno -, il Presidente Lupo vi ha anche ricordato che qualità essenziali di un buon magistrato sono la costante attenzione culturale, la forte tensione morale e l'umiltà. Un richiamo, quello all'umiltà, che è stato ribadito poco fa anche dal Vice Presidente Vietti e che è quanto mai attuale in tempi carichi di tensioni e "tentazioni".
Accanto alla competenza, frutto di preparazione e di continuo aggiornamento, contano dunque molto i comportamenti. Rigore e senso di responsabilità saranno in particolare richiesti a coloro tra voi che, a seguito della deroga transitoria ai principi generali appena approvata, saranno destinati a svolgere da subito le delicate e incisive funzioni di Pubblico Ministero.
Nell'avvio e nella conduzione delle indagini, sappiate applicare scrupolosamente le norme e far uso sapiente ed equilibrato dei mezzi investigativi bilanciando le esigenze del procedimento con la piena tutela dei diritti costituzionalmente garantiti.
Il discorso vale, in specie, per le intercettazioni cui non sempre si fa ricorso - come invece insegna la Corte di Cassazione - solo nei casi di "assoluta indispensabilità" per le specifiche indagini e delle quali viene poi spesso divulgato il contenuto pur quando esso è privo di rilievo processuale, ma può essere lesivo della privatezza dell'indagato o, ancor più, di soggetti estranei al giudizio.
In via più generale, non posso che ribadire con forza l'invito che ho formulato già negli scorsi anni a evitare l'inserimento nei provvedimenti giudiziari di riferimenti non pertinenti o chiaramente eccedenti rispetto alle finalità dei provvedimenti stessi, così come l'invito a usare il massimo scrupolo nella valutazione degli elementi necessari per decidere l'apertura di un procedimento e, a maggior ragione, la richiesta o l'applicazione di misure cautelari.
Il rispetto di questi elementari principi e la capacità di calare le proprie decisioni nella realtà del Paese - facendosi carico delle ansie quotidiane e delle aspettative della collettività - possono impedire o almeno attenuare attriti e polemiche in grado di lasciare strascichi velenosi e di appesantire le contrapposizioni tra politica e giustizia.
In ogni momento, nell'esercizio delle vostre funzioni, potrete peraltro contare sulla esperienza dei capi dei vostri uffici cui spetta, specie dopo la riforma dell'ordinamento giudiziario, anche quella funzione di stimolo e di vigilanza, il cui fondamentale e oggettivo rilievo mi induce a ricordare al Consiglio l'importanza del procedere tempestivamente al conferimento degli uffici direttivi.
L'accentuazione dei poteri di sorveglianza appresta un efficace rimedio interno all'ordinamento in grado di evitare l'insorgere di contrasti e di assicurarne il sollecito superamento. Per altro verso, essa si traduce in un attento esercizio del potere di valutazione delle condotte deontologicamente scorrette dei singoli magistrati e, alla fine, nella possibilità di interventi disciplinari molto più incisivi di quanto fosse in passato.
Negli ultimi anni vi è stata una sensibile crescita dei procedimenti disciplinari avviati e un corrispondente aumento delle conclusioni sanzionatorie.
Le sanzioni inflitte dal Consiglio Superiore sono intervenute principalmente a fronte di episodi di trascuratezza, sciatteria, irragionevole ritardo: a fronte cioè degli episodi e delle condotte che più minano la credibilità dei magistrati e che, in alcuni casi, costituiscono vere e proprie forme di "giustizia negata".
La eccezionale deroga per voi intervenuta al divieto di assegnazione, in prima battuta, a funzioni inquirenti o giudicanti monocratiche penali trova ragione nella necessità di far fronte ai vuoti dell'organico, che, come ha ricordato il Vice Presidente Vietti, superano ormai le 1300 unità e comportano drammatiche scoperture, specie negli uffici posti nei territori più esposti all'aggressione della criminalità organizzata.
L'arrivo di nuove energie dà conforto, ma non basterà a far fronte alle esigenze di efficienza del sistema.
Siete 253 - con una netta prevalenza della componente femminile che, ancora una volta, rilevo con grande apprezzamento e senso di rispetto; ma il vostro numero è decisamente inferiore ai 500 posti messi a concorso.
Mi rallegro con voi per essere riusciti a superare - grazie alla vostra preparazione e alla forza delle vostre motivazioni - un concorso estremamente selettivo; dall'altro però non posso non constatare che il limitato numero dei vincitori rispetto agli oltre 5500 partecipanti alle prove denota che la preparazione universitaria e quella specialistica successiva non producono a sufficienza le eccellenze cui non può rinunciarsi in relazione a un'attività tanto impegnativa e delicata come quella che state per iniziare. Trovano così conferma le preoccupazioni di carattere generale che altre volte ho espresso su questo tema.
La cronica scopertura degli organici della magistratura e la palese impossibilità di farvi fronte solo attraverso periodici concorsi rende non più rinviabile una seria e comune riflessione sulla distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio.
Sul punto il Consiglio Superiore insiste - e a ragione - da tempo. Soluzioni funzionali, ma non radicali, mi appaiono prospettabili e meritevoli di essere perseguite.
L'attuale geografia giudiziaria vede sparsi sul territorio uffici troppo piccoli per essere efficienti, ma alla cui soppressione si oppongono - insieme con insostenibili particolarismi - le ragioni delle comunità locali che in essi vedono un baluardo di sicurezza e legalità.
Quella geografia giudiziaria potrebbe subire una rimodulazione non traumatica mediante la trasformazione degli uffici in sedi distaccate del tribunale provinciale accorpante. Di più non spetta a me dire. Così come in generale - colgo l'occasione per sottolinearlo - non spetta al Capo dello Stato suggerire o valutare disegni di riforma della giustizia, che sono prerogativa del Parlamento nella sua dialettica tra maggioranza e opposizione e nella ricerca di qualificati apporti esterni a fini di ampia condivisione.
In ogni caso, e comunque, ciò cui dobbiamo mirare tutti assieme è un recupero di funzionalità, e insieme di razionale e limpido profilo, del sistema. Ognuno può e deve fare la sua parte. A unirci e unirvi deve essere la tenacia, il rigore, la serenità, il senso del dovere, il lavoro preso sul serio: un lavoro quotidiano che, come è stato detto, diventi vocazione e realizzazione personale, ma anche contributo al divenire della collettività.
Il mio saluto di oggi costituisce occasione per augurarvi una vita professionale piena e soddisfacente, in cui la spinta e le motivazioni originarie trovino corrispondenza e concreta realizzazione nell'esercizio delle funzioni.
Appartenete a un mondo di "servitori dello Stato" che ha espresso personalità di straordinaria sapienza e sensibilità e che ha saputo dare contributi essenziali per la tutela della legalità fino a sacrificarsi cadendo vittime della follia omicida dei terroristi o della sanguinaria barbarie mafiosa.
A loro va il nostro omaggio, il pubblico riconoscimento che il Paese deve ai suoi cittadini migliori per la dedizione, la professionalità, la passione civile e il coraggio che li hanno animati. È un patrimonio che nessuna contestazione può cancellare o svilire: un patrimonio, come ho detto altre volte, che voi siete chiamati a raccogliere e rinnovare.
Con senso della misura, slancio ideale e senza mai perdere di vista i postulati costituzionali di autonomia e indipendenza dell'ordine giudiziario e di soggezione dei giudici solo alla legge.
A tutti voi e ai vostri cari un fervido augurio!