12/29/2006
Gianfranco Fini e la "nuova" Destra italiana
Al link http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Fini-giustifica-i-mezzi/1463989&ref=hpsp
potete leggere l'intervista concessa a l'Espresso da Gianfranco Fini sul futuro di Alleanza Nazionale.
Cosa ne pensate?
potete leggere l'intervista concessa a l'Espresso da Gianfranco Fini sul futuro di Alleanza Nazionale.
Cosa ne pensate?
12/15/2006
11/17/2006
UNA FINANZIARIA DA CANCELLARE
11/03/2006
Dopo 61 anni, pietà l'è morta...ancora
Ieri, 1° novembre, tutti abbiamo celebrato i nostri defunti.
Ma ancora una volta, dopo 61 anni, è polemica sui morti del Campo 10.
Per fortuna qualcuno si è distinto:
il Cardinale Dionigi Tettamanzi che ha pregato, ed invitato a pregare, per tutti i caduti.
GRAZIE.
Ma ancora una volta, dopo 61 anni, è polemica sui morti del Campo 10.
Per fortuna qualcuno si è distinto:
il Cardinale Dionigi Tettamanzi che ha pregato, ed invitato a pregare, per tutti i caduti.
GRAZIE.
11/01/2006
REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
Per i nostri morti
mercoledì 1° novembre - ore 11
Campo 10 del Cimitero Maggiore di Milano
Iddio, che accendi ogni fiamma e fermi ogni cuore,
rinnova ogni giorno la passione mia per l'Italia.
Rendimi sempre più degno dei nostri Morti,
affinché Loro stessi - i più forti -
rispondano ai vivi: PRESENTE .
rispondano ai vivi: PRESENTE .
Nutrisci il mio libro della Tua saggezza
e il mio moschetto della Tua volontà.
Fa più aguzzo il mio sguardo, più sicuro
il mio piede sui valichi sacri della Patria.
Sulle strade, sulle coste, nelle foreste
e sulla quarta sponda che già fu di Roma.
Quando il futuro soldato mi marcia accanto nei ranghi,
ch'io senta battere il suo cuore fedele.
Quando passano i gagliardetti e le bandiere,
che tutti i volti si riconoscano in quello della Patria.
La Patria che faremo più grande
portando ognuno la sua pietra al cantiere.
O Signore ! Fa della Tua Croce
l'insegna che precede il labaro della mia Legione.
E salva l'Italia, l'Italia del Duce,
sempre nell'ora di nostra bella morte.
E salva l'Italia del Duce, del Duce.
E sempre nell'ora di nostra bella morte. Così sia.
e il mio moschetto della Tua volontà.
Fa più aguzzo il mio sguardo, più sicuro
il mio piede sui valichi sacri della Patria.
Sulle strade, sulle coste, nelle foreste
e sulla quarta sponda che già fu di Roma.
Quando il futuro soldato mi marcia accanto nei ranghi,
ch'io senta battere il suo cuore fedele.
Quando passano i gagliardetti e le bandiere,
che tutti i volti si riconoscano in quello della Patria.
La Patria che faremo più grande
portando ognuno la sua pietra al cantiere.
O Signore ! Fa della Tua Croce
l'insegna che precede il labaro della mia Legione.
E salva l'Italia, l'Italia del Duce,
sempre nell'ora di nostra bella morte.
E salva l'Italia del Duce, del Duce.
E sempre nell'ora di nostra bella morte. Così sia.
LA PREGHIERA DEL LEGIONARIO
10/16/2006
DIALOGO? FATTI E NON PAROLE
Nel Consiglio di Zona dello scorso 12 ottobre, l'Unione ha letto un comunicato sull'apertura della scuola araba a Milano che termina con queste belle parole: "... E speriamo che anche questo possa diventare un positivo esperimento per la costruzione dell’armonia necessaria tra cittadini di origini diverse." Mi interessa moltissimo capire se la buona volontà espressa nel richiedere costruzione di armonia tra cittadini di origini diverse è trasferibile in una buona volontà di costruzione di armonia tra consiglieri/politici/cittadini di idee politiche diverse.
Mi spiego: come Presidente della Commissione Casa - appoggiata da tutta la CDL- ho proposto all'opposizione di esprimere un loro consigliere come mio Vicepresidente. La risposta è stata assolutamente negativa.
Mi stupisce vedere un atteggiamento che usa due pesi e due misure a seconda dell'opportunità "politca". La mia intenzione - concreta - di instaurare un dialogo costruttivo dando la Vicepresidenza di una Commissione all'opposizione è stata coi fatti respinta al mittente, negando coi fatti una reale possibilità di dialogo.
Me ne dispiaccio, ma ne prendo pubblicamente atto.
Mi spiego: come Presidente della Commissione Casa - appoggiata da tutta la CDL- ho proposto all'opposizione di esprimere un loro consigliere come mio Vicepresidente. La risposta è stata assolutamente negativa.
Mi stupisce vedere un atteggiamento che usa due pesi e due misure a seconda dell'opportunità "politca". La mia intenzione - concreta - di instaurare un dialogo costruttivo dando la Vicepresidenza di una Commissione all'opposizione è stata coi fatti respinta al mittente, negando coi fatti una reale possibilità di dialogo.
Me ne dispiaccio, ma ne prendo pubblicamente atto.
9/19/2006
9/16/2006
BASTA AP - PRODI !
Il Governo Prodi vuole legalizzare l'invasione,
abbassando da 10 a 5 gli anni per ottenere la CITTADINANZA ITALIANA! FIRMA ANCHE TU PER DIRE NO.
Su http://www.alleanzanazionale-milano.it/ scarica il modulo per la raccolta firme.
abbassando da 10 a 5 gli anni per ottenere la CITTADINANZA ITALIANA! FIRMA ANCHE TU PER DIRE NO.
Su http://www.alleanzanazionale-milano.it/ scarica il modulo per la raccolta firme.
9/15/2006
ORIANA FALLACI
Nel 2005 Milano le aveva conferito l’Ambrogino d’Oro con questa motivazione :"Giornalista e scrittrice tra le più apprezzate ed amate del mondo. I suoi libri sono stati tradotti in decine di paesi. Nel corso della sua carriera ha intervistato le più grandi personalità della politica e della cultura ed ha vissuto da protagonista gli eventi internazionali che hanno segnato la nostra storia recente. Un’autrice decisa, vitale, forte, autentica, con il coraggio delle sue idee, eroica nell’affrontare in modo diretto i drammi del nostro tempo e le circostanze avverse, filtrando la realtà attraverso l’esperienza vissuta, la fedeltà ai valori morali e, anzitutto, al valore della libertà”.
9/05/2006
E L'ALTO ADIGE HA UNA POTENZA TUTRICE...
Bene.... continua sempre più l'integrazione tra italiani e "tedeschi"(??) "austriaci"(???) nel nord del nostro paese... in una regione italiana chiamata Trentino Alto Adige. Una regione a statuto speciale che, come tale, gode di parecchi privilegi. E non solo economici. Ma, a quanto pare, qualcuno sputa nel piatto in cui già da anni ingrassa. Vogliono entrare a far parte dell'Austria, che si dichiara "potenza tutrice"? Ottimo, accontentiamoli e leviamo loro lo stato di regione a statuto speciale, con annessi e connessi.
8/25/2006
INTEGRAZIONE SENZA ITALIANO? IMPOSSIBILE
Se c'è un fatto da imparare e non dimenticare dal caso di Hina, è che il solo modo per realizzare una reale integrazione è insegnare l'italiano agli immigranti. E' il solo modo per garantire loro una reale integrazione. Integrazione sociale, lavorativa e culturale. Mi pare che nessun media si sia soffermato sul fatto che la madre di questa svenutrata ragazza ha tenuto una conferenza stampa avvalendosi di interpreti pachistani.
Invece di confondere le acque e spostare il problema del razzismo su uno scontro di religioni, SAREBBE MEGLIO PARTIRE DALL'ABC....OSSIA DALL'ITALIANO.
A seguire, poi, tutti gli altri discorsi.
Invece di confondere le acque e spostare il problema del razzismo su uno scontro di religioni, SAREBBE MEGLIO PARTIRE DALL'ABC....OSSIA DALL'ITALIANO.
A seguire, poi, tutti gli altri discorsi.
OPPOSIZIONE
Vorrei lanciare una provocazione, che poi tanto provocazione non è. Mi piacerebbe molto che la CDL votasse NO alla missione in LIBANO. Abbiamo già sprecato un’occasione con la missione in Afghanistan. Non bruciamo anche la seconda.
Vedete: io penso che sicuramente il primo obiettivo di un politico responsabile deve essere il bene del Paese. E quindi voterei NO. NO ad ogni proposta dell’attuale Governo. ORA SÌ. Ora che a distanza di mesi dal fatidico 9 aprile L’UNIONE ha dimostrato esattamente le modalità con cui vuole governarci: assoluta mancanza d’ascolto di quella parte non certo esigua di Italiani che hanno votato la CDL ed okkupazione strategica di tutte le posizioni istituzionali e non, in modo chirurgico ed inesorabile. Per non parlare dei provvedimenti adottati sempre con la fiducia (il BERSANI vale per tutti) per "far fronte a tutti gli impegni"assunti in campagna elettorale.
Bene, è dal fatidico 9 aprile che li osservo: a questo punto, visto il loro modo di governarci, IO DICO NO A TUTTE LE LORO PROPOSTE. RITENGO SIA IL SOLO MODO PER PROTEGGERE IL NOSTRO PAESE. RICORDATEVI DELL’INDULTO E DELLE SUE “CONSUGUENZE” CHE CONTINUANO A RIEMPIRE LA STAMPA.
OPPOSIZIONE DURA ED INFLESSIBILE CON UN SOLO OBIETTIVO: MANDARLI A CASA!
Vedete: io penso che sicuramente il primo obiettivo di un politico responsabile deve essere il bene del Paese. E quindi voterei NO. NO ad ogni proposta dell’attuale Governo. ORA SÌ. Ora che a distanza di mesi dal fatidico 9 aprile L’UNIONE ha dimostrato esattamente le modalità con cui vuole governarci: assoluta mancanza d’ascolto di quella parte non certo esigua di Italiani che hanno votato la CDL ed okkupazione strategica di tutte le posizioni istituzionali e non, in modo chirurgico ed inesorabile. Per non parlare dei provvedimenti adottati sempre con la fiducia (il BERSANI vale per tutti) per "far fronte a tutti gli impegni"assunti in campagna elettorale.
Bene, è dal fatidico 9 aprile che li osservo: a questo punto, visto il loro modo di governarci, IO DICO NO A TUTTE LE LORO PROPOSTE. RITENGO SIA IL SOLO MODO PER PROTEGGERE IL NOSTRO PAESE. RICORDATEVI DELL’INDULTO E DELLE SUE “CONSUGUENZE” CHE CONTINUANO A RIEMPIRE LA STAMPA.
OPPOSIZIONE DURA ED INFLESSIBILE CON UN SOLO OBIETTIVO: MANDARLI A CASA!
8/10/2006
RIFORME: ABOLIRE LE PROVINCE
Con il post di oggi inizio la pubblicazione di una serie di articoli che lanciano e/o riprendono forti provocazioni perchè se ne possa discutere approfonditamente e senza remore, nel reciproco rispetto. Sebbene potranno essere un po' lunghi, dedicate loro una lettura attenta e non sottraetevi al dibattito.
Quello di oggi è stato pubblicato su Il Sole 24 Ore di mercoledì 9 agosto ed è: Trovare il coraggio di abolire le Province (di Gianfranco Fabi)
Coraggio. Se veramente si vuole modernizzare l’Italia non bastano i piccoli passi sulla strada dell’efficienza, non è sufficiente (anche se è molto utile) rendere effettiva la concorrenza e più aperto il mercato. In uno Stato in cui è molto facile aggiungere e sovrapporre appare encomiabile e degno di passare alla storia chi riesce ad abolire qualcosa. E così saremo eternamente grati a Vincenzo Visco che sarà pur responsabile delle ultime complicazioni fiscali, ma almeno quando ebbe la responsabilità dell’allora ministero delle Finanze riuscì ad abolire il bollo sulla patente. Ora si tratterebbe di mettere a punto un progetto un po’ più complesso, ma ancora più meritorio: quello di abolire le Province. Certo, l’idea non è nuova. Ogni tanto torna a galla e viene riproposta, ma viene immediatamente e puntualmente impallinata dal convergente interesse di una classe politica preoccupata di non turbare gli equilibri acquisiti e di non rinunciare a una pur piccola fetta di potere. Eppure le Province, nella loro dimensione di organo elettivo e di rappresentanza politica, non hanno più ragione d’essere nell’attuale evoluzione costituzionale. Avrebbero dovuto essere abolite quando sono state istituite le Regioni e invece non solo sono rimaste intatte, ma sono addirittura aumentate di numero e nuovi progetti di legge istitutivi sono all’esame del Parlamento. Sui libri di scuola degli anni 6o le Province erano 92. Poi nel 1968 arrivò Pordenone, nel 1970 Isernia, nel 1974 Oristano. Nel 1992 se ne sono aggiunte ben otto: Verbano-Cusio-Osso la, Biella, Lecco, Lodi, Rimini, Prato, Crotone, Vibo Valentia. Nel 2001 la Sardegna crea quattro province divenute operati ve nel 2005, Olbia-Tempio, Ogliastra, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias. Nel 2004 è stato dato il via libera a Monza e Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani (tre capoluoghi per una sola picco la realtà, un record). È arrivato così a 110 il numero complessivo delle Province italiane (tenendo conto anche della Valle d’Aosta dove tuttavia Provincia e Regione coincidono). E in tanto bussano al Parlamento decine di disegni di legge per istituirne altre. Da BustoArsizio alla Val Camonica, da Sala Consilina all’Arcipelago campano, dalla Versilia al Tigullio, la Provincia rischia di diventare come «un sigaro toscano e un titolo da cavaliere», che, diceva Giolitti, non si negano a nessuno.
Eppure ci sono mille ragioni per abolire le Province e quindi automaticamente impedire che ne nascano di nuove. Sono, tra l’altro, una dimensione politica che non ha paragoni in nessun altro Paese simile all’Italia. In Francia i Dipartimenti hanno dimensione analoga, ma al di sopra c’è poi solo lo Stato. E in Germania non c’è nulla tra i Comuni e i Länder. In Gran Bretagna ci sono le Contee, ma hanno carattere tecnico-amministrativo e non politico. Negli Stati Uniti avviene lo stesso e nella maggior parte dei casi le contee sono una linea sulla carta geografica oppure individuano le competenze giudiziarie o di polizia: non a caso l’autorità più importante è lo sceriffo.
Ma che competenze hanno le Province italiane? Molte, complesse e indispensabili dicono i difensori dell’Istituzione. Gestiscono gran parte della rete viaria (tranne le autostrade, a meno che non ne posseggano una quota), hanno responsabilità diretta sull’edilizia e gli arredi scolastici, promuovono i corsi di formazione professionale, gestiscono i centri per l’impiego, curano le iniziative per la difesa ambientale, esercitano i controlli antisismici. Tutte responsabilità importanti per la promozione e lo sviluppo del territorio e che nessuno vuole certo abolire. La domanda vera infatti è: c’è bisogno di un livello politico-rappresentativo per gestire queste competenze? Sono indispensabili un Consiglio provinciale, tanti assessori, un presidente e altrettanti uffici?
La risposta è puramente e semplicemente “no”. Perché una buona manutenzione delle strade o i controlli antisismici non sono né di destra né di sinistra e una gestione coordinata e programmata di tutte le competenze provinciali può avvenire probabilmente meglio attraverso entità tecnico-operative che possono mantenere le attuali dimensioni, ma dipendenti “politicamente” dalle Regioni. Non è solo un problema di costi. Gran parte del personale delle Province svolge un’opera utile e meritoria che dovrebbe continuare a svolgere sotto il cappello regionale (o, in qualche caso, municipale). Quello che va abolito è solo l’apparato politico: presidenti, assessori e cancellieri più il loro staff, le loro segreterie, i loro consulenti. Si risparmierebbero subito più di cento milioni di euro, come ha dimostrato domenica scorsa l’inchiesta del Sole-24 Ore sui costi della politica, e gli effetti positivi dei risparmi si moltiplicherebbero a catena.
Ma non è comunque l’entità della cifra la ragione maggiore per muoversi. Abolire la dimensione politica delle Province risponderebbe soprattutto alle esigenze di modernità, di superamento dello Stato napoleonico, di avvicinamento dei cittadini alla politica. Esaltando le competenze dei Comuni, la capacità delle Regioni e il coraggio dello Stato di fare una vera cura dimagrante senza ridurre, ma anzi migliorando, l’efficienza dei propri servizi.
Quello di oggi è stato pubblicato su Il Sole 24 Ore di mercoledì 9 agosto ed è: Trovare il coraggio di abolire le Province (di Gianfranco Fabi)
Coraggio. Se veramente si vuole modernizzare l’Italia non bastano i piccoli passi sulla strada dell’efficienza, non è sufficiente (anche se è molto utile) rendere effettiva la concorrenza e più aperto il mercato. In uno Stato in cui è molto facile aggiungere e sovrapporre appare encomiabile e degno di passare alla storia chi riesce ad abolire qualcosa. E così saremo eternamente grati a Vincenzo Visco che sarà pur responsabile delle ultime complicazioni fiscali, ma almeno quando ebbe la responsabilità dell’allora ministero delle Finanze riuscì ad abolire il bollo sulla patente. Ora si tratterebbe di mettere a punto un progetto un po’ più complesso, ma ancora più meritorio: quello di abolire le Province. Certo, l’idea non è nuova. Ogni tanto torna a galla e viene riproposta, ma viene immediatamente e puntualmente impallinata dal convergente interesse di una classe politica preoccupata di non turbare gli equilibri acquisiti e di non rinunciare a una pur piccola fetta di potere. Eppure le Province, nella loro dimensione di organo elettivo e di rappresentanza politica, non hanno più ragione d’essere nell’attuale evoluzione costituzionale. Avrebbero dovuto essere abolite quando sono state istituite le Regioni e invece non solo sono rimaste intatte, ma sono addirittura aumentate di numero e nuovi progetti di legge istitutivi sono all’esame del Parlamento. Sui libri di scuola degli anni 6o le Province erano 92. Poi nel 1968 arrivò Pordenone, nel 1970 Isernia, nel 1974 Oristano. Nel 1992 se ne sono aggiunte ben otto: Verbano-Cusio-Osso la, Biella, Lecco, Lodi, Rimini, Prato, Crotone, Vibo Valentia. Nel 2001 la Sardegna crea quattro province divenute operati ve nel 2005, Olbia-Tempio, Ogliastra, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias. Nel 2004 è stato dato il via libera a Monza e Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani (tre capoluoghi per una sola picco la realtà, un record). È arrivato così a 110 il numero complessivo delle Province italiane (tenendo conto anche della Valle d’Aosta dove tuttavia Provincia e Regione coincidono). E in tanto bussano al Parlamento decine di disegni di legge per istituirne altre. Da BustoArsizio alla Val Camonica, da Sala Consilina all’Arcipelago campano, dalla Versilia al Tigullio, la Provincia rischia di diventare come «un sigaro toscano e un titolo da cavaliere», che, diceva Giolitti, non si negano a nessuno.
Eppure ci sono mille ragioni per abolire le Province e quindi automaticamente impedire che ne nascano di nuove. Sono, tra l’altro, una dimensione politica che non ha paragoni in nessun altro Paese simile all’Italia. In Francia i Dipartimenti hanno dimensione analoga, ma al di sopra c’è poi solo lo Stato. E in Germania non c’è nulla tra i Comuni e i Länder. In Gran Bretagna ci sono le Contee, ma hanno carattere tecnico-amministrativo e non politico. Negli Stati Uniti avviene lo stesso e nella maggior parte dei casi le contee sono una linea sulla carta geografica oppure individuano le competenze giudiziarie o di polizia: non a caso l’autorità più importante è lo sceriffo.
Ma che competenze hanno le Province italiane? Molte, complesse e indispensabili dicono i difensori dell’Istituzione. Gestiscono gran parte della rete viaria (tranne le autostrade, a meno che non ne posseggano una quota), hanno responsabilità diretta sull’edilizia e gli arredi scolastici, promuovono i corsi di formazione professionale, gestiscono i centri per l’impiego, curano le iniziative per la difesa ambientale, esercitano i controlli antisismici. Tutte responsabilità importanti per la promozione e lo sviluppo del territorio e che nessuno vuole certo abolire. La domanda vera infatti è: c’è bisogno di un livello politico-rappresentativo per gestire queste competenze? Sono indispensabili un Consiglio provinciale, tanti assessori, un presidente e altrettanti uffici?
La risposta è puramente e semplicemente “no”. Perché una buona manutenzione delle strade o i controlli antisismici non sono né di destra né di sinistra e una gestione coordinata e programmata di tutte le competenze provinciali può avvenire probabilmente meglio attraverso entità tecnico-operative che possono mantenere le attuali dimensioni, ma dipendenti “politicamente” dalle Regioni. Non è solo un problema di costi. Gran parte del personale delle Province svolge un’opera utile e meritoria che dovrebbe continuare a svolgere sotto il cappello regionale (o, in qualche caso, municipale). Quello che va abolito è solo l’apparato politico: presidenti, assessori e cancellieri più il loro staff, le loro segreterie, i loro consulenti. Si risparmierebbero subito più di cento milioni di euro, come ha dimostrato domenica scorsa l’inchiesta del Sole-24 Ore sui costi della politica, e gli effetti positivi dei risparmi si moltiplicherebbero a catena.
Ma non è comunque l’entità della cifra la ragione maggiore per muoversi. Abolire la dimensione politica delle Province risponderebbe soprattutto alle esigenze di modernità, di superamento dello Stato napoleonico, di avvicinamento dei cittadini alla politica. Esaltando le competenze dei Comuni, la capacità delle Regioni e il coraggio dello Stato di fare una vera cura dimagrante senza ridurre, ma anzi migliorando, l’efficienza dei propri servizi.
7/07/2006
MORIRE: COME?
Oggi l'argomento è piuttosto duro: morire, come?
Lo spunto mi è venuto da un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore del 24 giugno...e da allora mi arrovello se sia il caso o meno di dare voce alla questione.
Umberto Veronesi ha "ideato" il testamento biologico con cui si possono dettare le proprie volontà su come essere "curati" in caso di
- malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante
- malattia che mi costringa a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione.
Le implicazioni sono moltissime, etiche, religiose, legali, ma io mi chiedo:
se fossimo noi? cosa vorremmo? potremmo lasciare ad altri il peso di una tale decisione?
dov'è il limte dell'accanimento terapeutico? Siamo sicuri che levando il sondino a chi è in uno stato vegetativo non lo si faccia soffrire condannandolo a morire di sete?
Gli indiani d'America quando reputavano giunta la loro ora si ritiravano in disparte , aspettando il loro momento...
Forse la vera questione riguarda la nostra "moderna ed evoluta" società, dove tutto è basato sull'apparenza e sulla velocità. Dove tutti devono essere sempre giovani. Dove il dolore deve rimanere nascosto.
Dove chi muore deve essere sepolto in 24ore senza nemmeno dare il tempo a chi gli era vicino di riflettere. Di sentirne la mancanza. La vita continua e nulla deve turbare l'efficienza dell'ingranaggio.
CREDO SIA MEGLIO IMPARARE A CONVIVERE CON IL PENSIERO DELLA MORTE. PRENDERE COSCIENZA CHE NON SIAMO ETERNI.
GODERE DELLE PERSONE CHE SI HANNO VICINE FINCHE' CI SONO.
PREPARARSI SERENAMENTE AL DISTACCO.
NON AVERE PAURA DI VIVERE.
Lo spunto mi è venuto da un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore del 24 giugno...e da allora mi arrovello se sia il caso o meno di dare voce alla questione.
Umberto Veronesi ha "ideato" il testamento biologico con cui si possono dettare le proprie volontà su come essere "curati" in caso di
- malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante
- malattia che mi costringa a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione.
Le implicazioni sono moltissime, etiche, religiose, legali, ma io mi chiedo:
se fossimo noi? cosa vorremmo? potremmo lasciare ad altri il peso di una tale decisione?
dov'è il limte dell'accanimento terapeutico? Siamo sicuri che levando il sondino a chi è in uno stato vegetativo non lo si faccia soffrire condannandolo a morire di sete?
Gli indiani d'America quando reputavano giunta la loro ora si ritiravano in disparte , aspettando il loro momento...
Forse la vera questione riguarda la nostra "moderna ed evoluta" società, dove tutto è basato sull'apparenza e sulla velocità. Dove tutti devono essere sempre giovani. Dove il dolore deve rimanere nascosto.
Dove chi muore deve essere sepolto in 24ore senza nemmeno dare il tempo a chi gli era vicino di riflettere. Di sentirne la mancanza. La vita continua e nulla deve turbare l'efficienza dell'ingranaggio.
CREDO SIA MEGLIO IMPARARE A CONVIVERE CON IL PENSIERO DELLA MORTE. PRENDERE COSCIENZA CHE NON SIAMO ETERNI.
GODERE DELLE PERSONE CHE SI HANNO VICINE FINCHE' CI SONO.
PREPARARSI SERENAMENTE AL DISTACCO.
NON AVERE PAURA DI VIVERE.
6/29/2006
UNA RIFLESSIONE SULL'ESITO DEL REFERENDUM
L’analisi dei risultati della votazione referendaria dovrebbe essere motivo di seria preoccupazione soprattutto per i parlamentari del centro-sinistra eletti nella circoscrizione estero.
In America Settentrionale e Centrale vince il SI con il 52,8%.Il Sen. Turano (sinistra) subisce la vittoria del SI negli USA (53,4%) e nella sua Chicago (53,2%).Va meglio all’On. Bucchino (sinistra) perche’ anche se il SI vince di misura in Canada (50,1%), la sua Toronto e’ in controtendenza; infatti e’ l’unica circoscrizione elettorale del Canada e di tutta la ripartizione dove ha vinto il NO con il 52,3%.
In America Meridionale il SI vince con il 62,9%.I sostenitori di Prodi Sen. Pallaro ed On. Merlo assistono alla vittoria del SI in Argentina (58,2%) e nella loro Buenos Aires (56,3%).Va anche peggio per il Sen. Pollastri con il SI al 73,4% in Brasile ed al 70,4% nella sua San Paolo. Il Sen. Randazzo (Margherita) e l’On. Fedi (DS), si ritrovano con il SI al 53,4% nella loro ripartizione, al 52,4 % in Australia ed al 54,3% a Melbourne dove vivono.
In Europa, dove e’ piu’ forte l’influenza della politica italiana, il SI vince, ma con solo 4,5 punti percentuali ed a macchia di leopardo. Infatti se, ad esempio, e’ vero che nella Francia dell’On. Farina (DS) vince il NO con il 52,2%, il SI vince a Lilla (51,4%), a Marsiglia (52,6%), a Nizza (52,8%) e pareggia a Tolosa.Nella Svizzera del Sen. Micheloni (DS), dell’On. Narducci (Margherita) e dell’On. Razzi (IdV) il NO e’ al 59,6, ma a Lugano il SI e’ al 51,8%.
Nel maggior Paese di emigrazione, la Germania, c’e’ un sostanziale pareggio (SI 49,8% - NO 50,2%), ma il SI prevale a Stoccarda, Colonia, Dortmund, Friburgo, Hannover, Norimberga e Saarbrucken.
In America Settentrionale e Centrale vince il SI con il 52,8%.Il Sen. Turano (sinistra) subisce la vittoria del SI negli USA (53,4%) e nella sua Chicago (53,2%).Va meglio all’On. Bucchino (sinistra) perche’ anche se il SI vince di misura in Canada (50,1%), la sua Toronto e’ in controtendenza; infatti e’ l’unica circoscrizione elettorale del Canada e di tutta la ripartizione dove ha vinto il NO con il 52,3%.
In America Meridionale il SI vince con il 62,9%.I sostenitori di Prodi Sen. Pallaro ed On. Merlo assistono alla vittoria del SI in Argentina (58,2%) e nella loro Buenos Aires (56,3%).Va anche peggio per il Sen. Pollastri con il SI al 73,4% in Brasile ed al 70,4% nella sua San Paolo. Il Sen. Randazzo (Margherita) e l’On. Fedi (DS), si ritrovano con il SI al 53,4% nella loro ripartizione, al 52,4 % in Australia ed al 54,3% a Melbourne dove vivono.
In Europa, dove e’ piu’ forte l’influenza della politica italiana, il SI vince, ma con solo 4,5 punti percentuali ed a macchia di leopardo. Infatti se, ad esempio, e’ vero che nella Francia dell’On. Farina (DS) vince il NO con il 52,2%, il SI vince a Lilla (51,4%), a Marsiglia (52,6%), a Nizza (52,8%) e pareggia a Tolosa.Nella Svizzera del Sen. Micheloni (DS), dell’On. Narducci (Margherita) e dell’On. Razzi (IdV) il NO e’ al 59,6, ma a Lugano il SI e’ al 51,8%.
Nel maggior Paese di emigrazione, la Germania, c’e’ un sostanziale pareggio (SI 49,8% - NO 50,2%), ma il SI prevale a Stoccarda, Colonia, Dortmund, Friburgo, Hannover, Norimberga e Saarbrucken.
6/20/2006
QUESTO REFERENDUM E’ UN’ OCCASIONE STORICA. NON PERDIAMOLA.
SERVELLO: “QUESTO REFERENDUM E’ UN’ OCCASIONE STORICA. NON PERDIAMOLA.” Per la prima volta, da 1947, gli italiani hanno la possibilità di cambiare realmente la Costituzione. Gli allarmisti sono in malafede. Con il premierato, lo scettro torna al popolo sovrano.
“Quella del 25 e 26 giugno è un’occasione storica. E richiede una grande mobilitazione. Per la prima volta, in quasi sessant’anni, abbiamo la possibilità reale di riformare la Costituzione”. Insiste molto sulla crucialità dell’appuntamento referendario lo storico esponente della destra italiana Franco Servello. Quello della riforma istituzionale è uno dei leit motiv della sua attività politica fin da quando, alla fine degli anni Settanta, lanciò la campagna per la Nuova Repubblica al fianco di Giorgio Almirante (all’epoca Servello era il vicesegretario vicario del Msi – Dn). Tra il 1997 e il 1998, l’uomo politico di An ha fatto parte della Commissione Bicamerale, dimostrandosi uno dei commissari più attivi e continui, come pubblicamente gli riconobbe il presidente di tale commissione, Massimo D’Alema. Sulla necessità di modernizzare le istituzioni Servello ha pubblicato diversi libri. Tra questi ricordiamo Quarant’anni e li dimostra – L’Italia del malessere dal 45 a oggi, uscito in vista del quarantennio della Costituzione, e Italia addio?, pubblicato nel 1998, all’indomani del fallimento della Bicamerale. Questa lunga esperienza sul campo delle riforme non ha minimamente fiaccato il suo entusiasmo. Il presidente della Campania, Antonio Bassolino, dichiara di augurarsi una mobilitazione degli elettori meridionali contro la riforma. Lo spauracchio demagogico è quello della sperequazione tra Regioni del Nord e Regioni del Sud.
Lei, senatore Servello si batte da una vita per l’unità e la coesione della nazione. Quindi, se si impegna per il “sì”, vuol proprio dire che certi allarmismi sono solo fumo negli occhi, no? Si, quella di Bassolino e di certi meridionalisti dell’ultimora è demagogia allo stato puro. Ha fatto bene a ricordare il mio percorso politico. Figuriamoci se uno con il mio passato potrebbe dire sì a una riforma avendo anche solo il più piccolo sospetto che tale riforma possa spaccare il Paese. Parliamo piuttosto di cose serie e concrete. Nel testo della legge c’è un richiamo esplicito e chiaro all’unità dello Stato e all’interesse nazionale.
Cosa vuol dire in pratica? Innanzi tutto il fatto che non ci saranno Regioni a due velocità. La clausola dell’interesse nazionale fa sì che tutte avranno garantite le stesse opportunità nel quadro dell’equità, solidarietà e sviluppo sociale. Prima dell’entrata in vigore, nel 2011, c’è tutto il tempo di calibrare l’intervento dello Stato prevedendo un fondo perequativo. E poi vorrei precisare che, quello previsto dalla riforma, non è un vero e proprio federalismo, quanto piuttosto un trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni nell’organizzazione di servizi essenziali come la sanità, la scuola e la polizia locale.
Ma ci sarà pure qualcosa che non la convince del tutto in cinquantasette articoli che cambiano…Guardi, l’intero impianto della legge di riforma è coerente e le varie parti si tengono bene insieme. Dovendo trovare punti deboli, direi che possono annidarsi nel nuovo Senato. Andrebbe meglio precisata la distinzione di funzioni rispetto alla Camera. E questo per snellire il processo legislativo, come è nei principi ispiratori della riforma. La fine del bicameralismo perfetto dovrebbe servire proprio a darci un iter di approvazione delle leggi più rapido ed efficiente.
Insomma, esistono comunque margini di miglioramento, anche dopo il 26 giugno. Certo che esistono, certo che si può ancora intervenire. Quelli che dicono “prendere o lasciare” sono in malafede. Gli elettori sono chiamati a giudicare l’insieme della riforma e i suoi principi ispiratori. Ma nulla vieta che si possa intervenire qua e là per correggere qualche singolo punto difettoso. Abbiamo cinque anni per apportare miglioramenti. Deve essere però chiaro un concetto.
Quale concetto? O adesso o mai più. Chissà quanto dovremmo attendere ancora prima di riavere un’occasione del genere. Come minimo dovremmo aspettare un’altra legislatura. E’ chiaro come il sole che il centrosinistra vuole lasciare tutto così com’è. Non dico che non vi siano forze riformiste nell’ambito dell’Unione. Ma proprio per questo è importante e strategico che vinca il “sì”. Se vincesse il “no”, è evidente che queste forze verrebbero soverchiate dagli immobilismi, che possono far valere il loro potere di interdizione. E poi guardi, se la legge di riforma venisse bocciata, staremmo comunque peggio di come stiamo oggi, perché tornerebbe in vigore la modifica del Titolo V approvata nel 2001, dal centrosinistra, con appena cinque voti di maggioranza. Ci ritroveremmo cioè con una “riforma” piena di storture.
Lei è stato tra i commissari della Bicamerale presieduta da D’Alema. Che insegnamento ne ha tratto? Che non si possono fare le riforme finché rimane forte il condizionamento della politica. Quella Bicamerale lavorò bene. Ma al momento decisivo naufragò per i veti incrociati tra maggioranza e opposizione sulla questione della giustizia. Anche per questo dico che oggi abbiamo un’occasione storica. Pensi solo al fatto che un Parlamento ha deciso la propria autoriduzione di 177 parlamentari. E’ qualcosa che ha del miracoloso. E appare tale anche osservando il comportamento dell’attuale maggioranza, che ha moltiplicato poltrone e strapuntini. No, il centrosinistra non ha voglia di riformare nulla e non riformerà un bel nulla.
E che mi dice, senatore Servello, del premier forte? C’è chi dice che non ha precedenti e che sarebbe una specie di dittatore. Questa è un’altra favola messa in giro da chi vuole che tutto resti così com’è. Ma quale dittatura!La nostra riforma prevede la sfiducia costruttiva, come accade in Germania. Se il premier non ha più la fiducia del Parlamento, se ne deve indicare un altro, sempre però nell’ambito della stessa maggioranza. In caso contrario, si torna alle urne. La norma antiribaltone è uno dei cardini della legge. Ecco perché la sinistra non la vuole.
Possiamo dire, in conclusione, che con questa riforma lo scettro torna ai cittadini? Esatto. La legge è stata fatta proprio per i cittadini. Devono avere la garanzia che, se eleggono una maggioranza, questa non potrà più cambiare nel corso della legislatura. Altrimenti, i cittadini utilizzano nuovamente lo scettro ed esercitano la loro sovranità tornando a votare. Però c’è ancora un punto che mi preme di mettere in risalto.
Vale a dire? Che per la prima volta, dal 1947, ci troviamo di fronte a una vera riforma della Costituzione, una legge cioè che contiene elementi realmente innovativi.
E’ un’occasione storica, insomma. Si, storica. E non lasciamocela sfuggire.
SI VOTA SI
“Quella del 25 e 26 giugno è un’occasione storica. E richiede una grande mobilitazione. Per la prima volta, in quasi sessant’anni, abbiamo la possibilità reale di riformare la Costituzione”. Insiste molto sulla crucialità dell’appuntamento referendario lo storico esponente della destra italiana Franco Servello. Quello della riforma istituzionale è uno dei leit motiv della sua attività politica fin da quando, alla fine degli anni Settanta, lanciò la campagna per la Nuova Repubblica al fianco di Giorgio Almirante (all’epoca Servello era il vicesegretario vicario del Msi – Dn). Tra il 1997 e il 1998, l’uomo politico di An ha fatto parte della Commissione Bicamerale, dimostrandosi uno dei commissari più attivi e continui, come pubblicamente gli riconobbe il presidente di tale commissione, Massimo D’Alema. Sulla necessità di modernizzare le istituzioni Servello ha pubblicato diversi libri. Tra questi ricordiamo Quarant’anni e li dimostra – L’Italia del malessere dal 45 a oggi, uscito in vista del quarantennio della Costituzione, e Italia addio?, pubblicato nel 1998, all’indomani del fallimento della Bicamerale. Questa lunga esperienza sul campo delle riforme non ha minimamente fiaccato il suo entusiasmo. Il presidente della Campania, Antonio Bassolino, dichiara di augurarsi una mobilitazione degli elettori meridionali contro la riforma. Lo spauracchio demagogico è quello della sperequazione tra Regioni del Nord e Regioni del Sud.
Lei, senatore Servello si batte da una vita per l’unità e la coesione della nazione. Quindi, se si impegna per il “sì”, vuol proprio dire che certi allarmismi sono solo fumo negli occhi, no? Si, quella di Bassolino e di certi meridionalisti dell’ultimora è demagogia allo stato puro. Ha fatto bene a ricordare il mio percorso politico. Figuriamoci se uno con il mio passato potrebbe dire sì a una riforma avendo anche solo il più piccolo sospetto che tale riforma possa spaccare il Paese. Parliamo piuttosto di cose serie e concrete. Nel testo della legge c’è un richiamo esplicito e chiaro all’unità dello Stato e all’interesse nazionale.
Cosa vuol dire in pratica? Innanzi tutto il fatto che non ci saranno Regioni a due velocità. La clausola dell’interesse nazionale fa sì che tutte avranno garantite le stesse opportunità nel quadro dell’equità, solidarietà e sviluppo sociale. Prima dell’entrata in vigore, nel 2011, c’è tutto il tempo di calibrare l’intervento dello Stato prevedendo un fondo perequativo. E poi vorrei precisare che, quello previsto dalla riforma, non è un vero e proprio federalismo, quanto piuttosto un trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni nell’organizzazione di servizi essenziali come la sanità, la scuola e la polizia locale.
Ma ci sarà pure qualcosa che non la convince del tutto in cinquantasette articoli che cambiano…Guardi, l’intero impianto della legge di riforma è coerente e le varie parti si tengono bene insieme. Dovendo trovare punti deboli, direi che possono annidarsi nel nuovo Senato. Andrebbe meglio precisata la distinzione di funzioni rispetto alla Camera. E questo per snellire il processo legislativo, come è nei principi ispiratori della riforma. La fine del bicameralismo perfetto dovrebbe servire proprio a darci un iter di approvazione delle leggi più rapido ed efficiente.
Insomma, esistono comunque margini di miglioramento, anche dopo il 26 giugno. Certo che esistono, certo che si può ancora intervenire. Quelli che dicono “prendere o lasciare” sono in malafede. Gli elettori sono chiamati a giudicare l’insieme della riforma e i suoi principi ispiratori. Ma nulla vieta che si possa intervenire qua e là per correggere qualche singolo punto difettoso. Abbiamo cinque anni per apportare miglioramenti. Deve essere però chiaro un concetto.
Quale concetto? O adesso o mai più. Chissà quanto dovremmo attendere ancora prima di riavere un’occasione del genere. Come minimo dovremmo aspettare un’altra legislatura. E’ chiaro come il sole che il centrosinistra vuole lasciare tutto così com’è. Non dico che non vi siano forze riformiste nell’ambito dell’Unione. Ma proprio per questo è importante e strategico che vinca il “sì”. Se vincesse il “no”, è evidente che queste forze verrebbero soverchiate dagli immobilismi, che possono far valere il loro potere di interdizione. E poi guardi, se la legge di riforma venisse bocciata, staremmo comunque peggio di come stiamo oggi, perché tornerebbe in vigore la modifica del Titolo V approvata nel 2001, dal centrosinistra, con appena cinque voti di maggioranza. Ci ritroveremmo cioè con una “riforma” piena di storture.
Lei è stato tra i commissari della Bicamerale presieduta da D’Alema. Che insegnamento ne ha tratto? Che non si possono fare le riforme finché rimane forte il condizionamento della politica. Quella Bicamerale lavorò bene. Ma al momento decisivo naufragò per i veti incrociati tra maggioranza e opposizione sulla questione della giustizia. Anche per questo dico che oggi abbiamo un’occasione storica. Pensi solo al fatto che un Parlamento ha deciso la propria autoriduzione di 177 parlamentari. E’ qualcosa che ha del miracoloso. E appare tale anche osservando il comportamento dell’attuale maggioranza, che ha moltiplicato poltrone e strapuntini. No, il centrosinistra non ha voglia di riformare nulla e non riformerà un bel nulla.
E che mi dice, senatore Servello, del premier forte? C’è chi dice che non ha precedenti e che sarebbe una specie di dittatore. Questa è un’altra favola messa in giro da chi vuole che tutto resti così com’è. Ma quale dittatura!La nostra riforma prevede la sfiducia costruttiva, come accade in Germania. Se il premier non ha più la fiducia del Parlamento, se ne deve indicare un altro, sempre però nell’ambito della stessa maggioranza. In caso contrario, si torna alle urne. La norma antiribaltone è uno dei cardini della legge. Ecco perché la sinistra non la vuole.
Possiamo dire, in conclusione, che con questa riforma lo scettro torna ai cittadini? Esatto. La legge è stata fatta proprio per i cittadini. Devono avere la garanzia che, se eleggono una maggioranza, questa non potrà più cambiare nel corso della legislatura. Altrimenti, i cittadini utilizzano nuovamente lo scettro ed esercitano la loro sovranità tornando a votare. Però c’è ancora un punto che mi preme di mettere in risalto.
Vale a dire? Che per la prima volta, dal 1947, ci troviamo di fronte a una vera riforma della Costituzione, una legge cioè che contiene elementi realmente innovativi.
E’ un’occasione storica, insomma. Si, storica. E non lasciamocela sfuggire.
SI VOTA SI
6/09/2006
IL 25 E 26 GIUGNO VOTIAMO SI'
IL VIDEO MESSAGGIO DI GIANFRANCO FINI
Questo il quesito:
«Approvate il testo della legge costituzionale concernente "Modifiche alla Parte II della Costituzione" approvato dal Parlamento e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 269 del 18 novembre 2005 ?» (clicca qui)
«Approvate il testo della legge costituzionale concernente "Modifiche alla Parte II della Costituzione" approvato dal Parlamento e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 269 del 18 novembre 2005 ?» (clicca qui)
ATTENZIONE: nel referendum confermativo, detto anche costituzionale o sospensivo, si prescinde dal quorum, ossia si procede al conteggio dei voti validamente espressi indipendentemente se abbia partecipato o meno alla consultazione la maggioranza degli aventi diritto, a differenza pertanto da quanto avviene nel referendum abrogativo. ECCO PERCHE' OCCORRE ANDARE A VOTARE.
"Il referendum costituzionale avrà un valore politico immediato e un effetto più generale e duraturo, entrambi potenti... La vittoria del sì o del no referendario è in grado di stabilire da subito il successo o il fallimento del nuovo governo...(clicca qui)"
COSA CAMBIA (clicca qui).
6/06/2006
FERMIAMOCI A RIFLETTERE
I superstipendi dei manager
5 giugno2006 - CorrierEconomia - di Pier Luigi Celli
Una casta che guadagna troppo: anche 50 volte più degli impiegati. Con effetti devastanti e non ancora misurati
Siamo portati a dare alla politica molte delle responsabilità che investono il degrado del vivere civile e la corrosione dei parametri di riferimento etici che hanno indebolito priorità e valori individuali. Eppure, se guardiamo al mondo delle imprese troviamo elementi di riflessione che non ci portano molto lontano da analoghi pensieri amari.
Abbiamo assistito, negli anni recenti, ad una espansione dei livelli retributivi, del management al vertice dell' impresa, che non ha, razionalmente, alcun rapporto lineare coi risultati reali. Soprattutto se si considera che questi, quando presenti, sono pressoché tutti in attività largamente protette, vere e proprie rendite di posizione che, come è facile vedere, pochissimo hanno contribuito allo sviluppo economico del Paese.
Si è venuta formando un'élite privata, beneficiata da risorse che hanno cambiato non solo la vita dei fortunati e abili interessati, ma hanno potenzialmente modificato aspettative e prospettive nel tenore di vita di intere generazioni familiari a venire. Vere e proprie fortune di guerra. Se il differenziale tra retribuzione normale, diciamo da impiegato o piccolo dirigente, e quello delle posizioni di vertice in azienda o banche è di 1 a 50, perché meravigliarsi poi se nascono dei cattivi pensieri?
Con l'affermarsi di distanze incolmabili sul versante retributivo, cade, innanzitutto, la simmetria della fedeltà tra vertice e corpo aziendale, nel senso che l'eccesso è comunque vissuto come un tradimento dei principi di equità. Si rafforza, di conseguenza, un principio di «dissociazione» (proprio in chi si sente ormai permanentemente marginale) che lavora in maniera sorda, da un lato, sulla affettività scarsamente evoluta di quanti sono esclusi dai percorsi che contano e, dall'altro, abilita astuzie puramente strumentali, volte a garantire la sopravvivenza e a trarre benefici opportunistici.
La sordità di certe organizzazioni, la riorganizzazione continua degli assetti, la pesantezza di movimento e la diaspora (provocata o di iniziativa autonoma) delle risorse, soprattutto intermedie, riflette in gran parte questa sconnessione crescente tra valori dichiarati e interpretazione numerica degli stessi; tra economia reale e impressione diffusa di assalto alla diligenza. Con una ricaduta, sulle psicologie individuali, potenzialmente deleteria per le imprese.
Perché il dipendente normale, trattato come commodity, marginale e sostituibile (e, d'altra parte, la differenza di scala retributiva certifica a oltranza la sua irrilevanza) finirà rapidamente per percepirsi lui stesso come tale, con una immagine di sé degradata fino al punto di non meritare la propria stessa stima e il proprio rispetto. Come tutte le profezie che si autoavverano, questa prospettiva lo renderà pressappoco inutile e, dunque, inutilizzabile. Un peso, con la testa altrove.
Ma vi è un danno anche maggiore, generato da questa bolla salariale che specula sulle aspettative artificiali dei valori di Borsa, quasi sempre determinati da analisti in cerca perenne dell'ultimo paradiso. Ed è rappresentato dalla tentazione, largamente presente ormai, di costruire, in vitro, manager «da notizia»: quelli, cioè, che possono essere venduti con successo nel mercato degli indici a breve, selezionati secondo parametri che piani strategici e indicatori di budget hanno ormai codificato con noiosa routine e ampia connivenza di audience.
Il rischio, che siano tutti uguali, più o meno cloni di qualche grande scuola, è meno importante dell'incapacità, che una impostazione di questo tipo si porta dietro, di fare scuola, di produrre allievi, di allargare il tessuto di competenze e di storie al di là del proprio personale successo. Di costruire un gruppo. È un altro fenomeno connesso a questo esplodere di compensi disorganici. La loro mediatizzazione finisce per proporre modelli che incidono significativamente sulle aspettative di quanti fanno dell'investimento sulla carriera e sul curriculum una ragionevole tavola di salvezza per le proprie ambizioni professionali.
Emergono così i cercatori di status «prematuri», i teorici delle scorciatoie, gli affiliati estatici. Tutta una fauna premanageriale che intasa i files dei cacciatori di teste e gioca a dama coi percorsi e i luoghi canonici delle frequentazioni che contano. Si va a vela, appena si può. O anche allo stadio. Anche la vicinanza dei conti a sei zeri (in euro, s'intende) vivifica le speranze, tonifica le aspettative e accende l'immaginazione. Determinando, purtroppo, comportamenti adeguati allo stile. L'ideologia delle stock options e del profit sharing orienta le teste sul valore dell'equity ed è totalmente eterodiretta: il «fuori», (quello che si pensa fuori, quello che si comunica fuori, quello che si muove fuori) è immensamente più rilevante del «dentro», di quello che succede agli uomini e all'organizzazione all'interno.
Questa tenderà a disporsi «a corte», come in tutti i contesti in cui l'ossequio diviene preminente. Gli uomini comuni, quelli i cui destini girano al di sotto dei livelli che contano, finiranno per capire che se non c'è equità nella distribuzione delle risorse è inutile seguire delle regole: tanto vale imboccare anche precarie scorciatoie al successo. Fioriscono così fortune anche modeste, ma sempre in tiro su modelli che non hanno nulla a che spartire con la professione, la serietà, l'impegno nel tempo. Ognuno sarà portato a costruirsi, a spese di altri, la sua personale dotazione di stock options equivalenti, magari di frodo o, quantomeno, senza alcun rispetto sociale.
Avremo dunque nuovi idoli, un po' celebrati e un po' esecrati, in genere imperturbabili. Salvo quando, all'interno di imprese che sembravano inossidabili, scoppiano vere e proprie lotte tribali, con epurazioni, tagli di teste e catarsi finale. E' il ciclo della natura che ripensa se stessa, distruggendo gli stessi uomini che l'hanno a lungo interpretata. Ma quanti hanno perso l'onore, ancor prima del posto?
5 giugno2006 - CorrierEconomia - di Pier Luigi Celli
Una casta che guadagna troppo: anche 50 volte più degli impiegati. Con effetti devastanti e non ancora misurati
Siamo portati a dare alla politica molte delle responsabilità che investono il degrado del vivere civile e la corrosione dei parametri di riferimento etici che hanno indebolito priorità e valori individuali. Eppure, se guardiamo al mondo delle imprese troviamo elementi di riflessione che non ci portano molto lontano da analoghi pensieri amari.
Abbiamo assistito, negli anni recenti, ad una espansione dei livelli retributivi, del management al vertice dell' impresa, che non ha, razionalmente, alcun rapporto lineare coi risultati reali. Soprattutto se si considera che questi, quando presenti, sono pressoché tutti in attività largamente protette, vere e proprie rendite di posizione che, come è facile vedere, pochissimo hanno contribuito allo sviluppo economico del Paese.
Si è venuta formando un'élite privata, beneficiata da risorse che hanno cambiato non solo la vita dei fortunati e abili interessati, ma hanno potenzialmente modificato aspettative e prospettive nel tenore di vita di intere generazioni familiari a venire. Vere e proprie fortune di guerra. Se il differenziale tra retribuzione normale, diciamo da impiegato o piccolo dirigente, e quello delle posizioni di vertice in azienda o banche è di 1 a 50, perché meravigliarsi poi se nascono dei cattivi pensieri?
Con l'affermarsi di distanze incolmabili sul versante retributivo, cade, innanzitutto, la simmetria della fedeltà tra vertice e corpo aziendale, nel senso che l'eccesso è comunque vissuto come un tradimento dei principi di equità. Si rafforza, di conseguenza, un principio di «dissociazione» (proprio in chi si sente ormai permanentemente marginale) che lavora in maniera sorda, da un lato, sulla affettività scarsamente evoluta di quanti sono esclusi dai percorsi che contano e, dall'altro, abilita astuzie puramente strumentali, volte a garantire la sopravvivenza e a trarre benefici opportunistici.
La sordità di certe organizzazioni, la riorganizzazione continua degli assetti, la pesantezza di movimento e la diaspora (provocata o di iniziativa autonoma) delle risorse, soprattutto intermedie, riflette in gran parte questa sconnessione crescente tra valori dichiarati e interpretazione numerica degli stessi; tra economia reale e impressione diffusa di assalto alla diligenza. Con una ricaduta, sulle psicologie individuali, potenzialmente deleteria per le imprese.
Perché il dipendente normale, trattato come commodity, marginale e sostituibile (e, d'altra parte, la differenza di scala retributiva certifica a oltranza la sua irrilevanza) finirà rapidamente per percepirsi lui stesso come tale, con una immagine di sé degradata fino al punto di non meritare la propria stessa stima e il proprio rispetto. Come tutte le profezie che si autoavverano, questa prospettiva lo renderà pressappoco inutile e, dunque, inutilizzabile. Un peso, con la testa altrove.
Ma vi è un danno anche maggiore, generato da questa bolla salariale che specula sulle aspettative artificiali dei valori di Borsa, quasi sempre determinati da analisti in cerca perenne dell'ultimo paradiso. Ed è rappresentato dalla tentazione, largamente presente ormai, di costruire, in vitro, manager «da notizia»: quelli, cioè, che possono essere venduti con successo nel mercato degli indici a breve, selezionati secondo parametri che piani strategici e indicatori di budget hanno ormai codificato con noiosa routine e ampia connivenza di audience.
Il rischio, che siano tutti uguali, più o meno cloni di qualche grande scuola, è meno importante dell'incapacità, che una impostazione di questo tipo si porta dietro, di fare scuola, di produrre allievi, di allargare il tessuto di competenze e di storie al di là del proprio personale successo. Di costruire un gruppo. È un altro fenomeno connesso a questo esplodere di compensi disorganici. La loro mediatizzazione finisce per proporre modelli che incidono significativamente sulle aspettative di quanti fanno dell'investimento sulla carriera e sul curriculum una ragionevole tavola di salvezza per le proprie ambizioni professionali.
Emergono così i cercatori di status «prematuri», i teorici delle scorciatoie, gli affiliati estatici. Tutta una fauna premanageriale che intasa i files dei cacciatori di teste e gioca a dama coi percorsi e i luoghi canonici delle frequentazioni che contano. Si va a vela, appena si può. O anche allo stadio. Anche la vicinanza dei conti a sei zeri (in euro, s'intende) vivifica le speranze, tonifica le aspettative e accende l'immaginazione. Determinando, purtroppo, comportamenti adeguati allo stile. L'ideologia delle stock options e del profit sharing orienta le teste sul valore dell'equity ed è totalmente eterodiretta: il «fuori», (quello che si pensa fuori, quello che si comunica fuori, quello che si muove fuori) è immensamente più rilevante del «dentro», di quello che succede agli uomini e all'organizzazione all'interno.
Questa tenderà a disporsi «a corte», come in tutti i contesti in cui l'ossequio diviene preminente. Gli uomini comuni, quelli i cui destini girano al di sotto dei livelli che contano, finiranno per capire che se non c'è equità nella distribuzione delle risorse è inutile seguire delle regole: tanto vale imboccare anche precarie scorciatoie al successo. Fioriscono così fortune anche modeste, ma sempre in tiro su modelli che non hanno nulla a che spartire con la professione, la serietà, l'impegno nel tempo. Ognuno sarà portato a costruirsi, a spese di altri, la sua personale dotazione di stock options equivalenti, magari di frodo o, quantomeno, senza alcun rispetto sociale.
Avremo dunque nuovi idoli, un po' celebrati e un po' esecrati, in genere imperturbabili. Salvo quando, all'interno di imprese che sembravano inossidabili, scoppiano vere e proprie lotte tribali, con epurazioni, tagli di teste e catarsi finale. E' il ciclo della natura che ripensa se stessa, distruggendo gli stessi uomini che l'hanno a lungo interpretata. Ma quanti hanno perso l'onore, ancor prima del posto?
6/02/2006
VERGOGNA
Oggi il Ministro della Giustizia (!) Clemente Mastella e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano hanno concesso la grazia ad Ovidio Bompressi che il 17 maggio del 1972 ha ammazzato il Commissario Luigi Calabresi, allora trentaquatrenne, su ordine di due dirigenti di Lotta Continua, Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani.
Alla domanda del giornalista su come mai la Famiglia Calabresi non sia stata avvisata prima che la notizia divenisse di pubblico dominio, facendo spallucce, Mastella si scusa per non averci pensato...
Il 12 maggio 2004 l'allora Presidente Ciampi conferisce la Medaglia d'oro al merito civile a Luigi Calabresi, alla memoria. Questa la motivazione: "Fatto oggetto di ignobile campagna denigratoria, mentre si recava sul posto di lavoro, veniva barbaramente trucidato con colpi d’arma da fuoco esplosigli contro in un vile e proditorio attentato. Mirabile esempio di elette virtù civiche ed alto senso del dovere. 7 maggio 1972 - Milano"
Oggi l'attuale Presidente concede la grazia al suo assassino.
Effetti collaterali dell'alternanza democratica.
la vicenda giudiziaria
Alla domanda del giornalista su come mai la Famiglia Calabresi non sia stata avvisata prima che la notizia divenisse di pubblico dominio, facendo spallucce, Mastella si scusa per non averci pensato...
Il 12 maggio 2004 l'allora Presidente Ciampi conferisce la Medaglia d'oro al merito civile a Luigi Calabresi, alla memoria. Questa la motivazione: "Fatto oggetto di ignobile campagna denigratoria, mentre si recava sul posto di lavoro, veniva barbaramente trucidato con colpi d’arma da fuoco esplosigli contro in un vile e proditorio attentato. Mirabile esempio di elette virtù civiche ed alto senso del dovere. 7 maggio 1972 - Milano"
Oggi l'attuale Presidente concede la grazia al suo assassino.
Effetti collaterali dell'alternanza democratica.
la vicenda giudiziaria
6/01/2006
1°: ANDARE A VOTARE SI' AL REFERENDUM
Trattandosi di una materia articolata e complessa, trovo quanto mai opportuno segnalarvi l'articolo di Angelo Panebianco pubblicato sul Corriere di oggi: «Una scelta per proseguire le riforme. O vincono i conservatori a oltranza» Le norme sul Senato sono il principale punto debole Condivido molte idee di Barbera e Ceccanti, ma il «no» toglierebbe ogni spazio.
Per decidere come comportarsi nel referendum costituzionale del 25 giugno credo si debbano immaginare gli scenari che discenderebbero, rispettivamente, da una vittoria del sì e da una vittoria del no.
Pensiamo a che cosa accadrebbe se vincesse il sì. Le parti più importanti della riforma entrerebbero in vigore solo nel 2011. Ci sarebbe il tempo per intervenire sugli aspetti più insoddisfacenti del testo: in particolare, per modificare composizione e prerogative del Senato (così come è congegnato è il principale punto debole della riforma). Si noti che molti esponenti del centrodestra si sono dichiarati consapevoli della necessità di apportare modifiche su questo e altri punti. In caso di vittoria del sì, si aprirebbe dunque lo spazio (con cinque anni di tempo per raggiungere un accordo) per una trattativa fra centrosinistra e centrodestra al fine di migliorare il testo. Una volta fatto ciò avremo finalmente la riforma costituzionale vanamente inseguita per un quarto di secolo. Avremo un nuovo ordinamento caratterizzato da un premier forte, dalla fine del bicameralismo perfetto (due Camere con uguali poteri, causa di tante inefficienze), una drastica riduzione del numero dei parlamentari e una correzione abbastanza ragionevole (per lo più, in senso centralista) della pessima devolution (la riforma del titolo V) voluta dal centrosinistra nel 2001.
Immaginiamo ora che cosa accadrebbe se prevalesse il no. Accadrebbe che la Costituzione tornerebbe ad essere immodificabile per parecchi decenni a venire. È il vero punto debole del manifesto dei «riformatori per il no», lanciato da due costituzionalisti di cui chi scrive ha grande stima, Augusto Barbera e Stefano Ceccanti. Molte idee contenute nel manifesto, sia sui gravi difetti della Costituzione vigente sia su quelli del testo varato dal centrodestra, sono, almeno per chi scrive, condivisibili. Ciò che non è condivisibile è la conclusione, la tesi secondo cui, in caso di vittoria del no, ci sarebbe ancora lo spazio per riprendere a breve termine la strada della riforma costituzionale.
Non è così. Per almeno tre ragioni.
In primoluogo, perché, come dimostrano gli argomenti usati dai promotori del referendum, è tuttora molto forte in questo Paese l'area dei conservatori costituzionali ad oltranza, persone che (legittimamente) ritengono la Costituzione vigente la migliore delle Costituzioni possibili e che, per difenderla, non hanno neppure esitato a rispolverare l'ideologia resistenziale (sembra, ad esempio, che per costoro il premierato sia una specie di tradimento dei valori resistenziali, l'apertura delle porte al fascismo, eccetera). In caso di vittoria del no, essi si appellerebbero legittimamente al responso degli italiani per bloccare ogni nuova ipotesi di riforma.
La seconda ragione è che nella maggioranza di centrosinistra ci sono molti gruppi contrarissimi al premierato e questi gruppi farebbero valere il ruolo che svolgono ai fini della stabilità del governo per bloccare nuovi tentativi di riforma.
Da ultimo, non sarebbe più possibile né togliere al Senato il potere di conferire la fiducia al governo né ridurre il numero dei parlamentari. I senatori, e i parlamentari in genere, lo impedirebbero. Se queste misure sono passate con la riforma del centrodestra ciò è accaduto per una specie di miracolo, probabilmente perché molti parlamentari del centrodestra non credevano in cuor loro che la riforma sarebbe davvero andata in porto. È difficile che imiracoli si ripetano due volte.
Due parole, infine, sulla devolution. Premesso che chi scrive trova comunque insoddisfacente qualunque intervento in questo campo che eluda gli aspetti fiscali, resta che, se si confrontano i due testi, il titolo V riformato dal centrosinistra oggi in vigore e il testo della riforma, si scopre che la devolution 1 (la riforma del centrosinistra) è assai più confusa e pasticciata della devolution 2 (quella del centrodestra). Quest'ultima, per lo meno, definisce meglio le competenze esclusive delle Regioni e ricentralizza (reintroducendo il principio dell'interesse nazionale) materie che, insensatamente, il centrosinistra aveva attribuito alla competenza congiunta di Regioni e Stato. Per queste ragioni, chi scrive voterà sì.
Per decidere come comportarsi nel referendum costituzionale del 25 giugno credo si debbano immaginare gli scenari che discenderebbero, rispettivamente, da una vittoria del sì e da una vittoria del no.
Pensiamo a che cosa accadrebbe se vincesse il sì. Le parti più importanti della riforma entrerebbero in vigore solo nel 2011. Ci sarebbe il tempo per intervenire sugli aspetti più insoddisfacenti del testo: in particolare, per modificare composizione e prerogative del Senato (così come è congegnato è il principale punto debole della riforma). Si noti che molti esponenti del centrodestra si sono dichiarati consapevoli della necessità di apportare modifiche su questo e altri punti. In caso di vittoria del sì, si aprirebbe dunque lo spazio (con cinque anni di tempo per raggiungere un accordo) per una trattativa fra centrosinistra e centrodestra al fine di migliorare il testo. Una volta fatto ciò avremo finalmente la riforma costituzionale vanamente inseguita per un quarto di secolo. Avremo un nuovo ordinamento caratterizzato da un premier forte, dalla fine del bicameralismo perfetto (due Camere con uguali poteri, causa di tante inefficienze), una drastica riduzione del numero dei parlamentari e una correzione abbastanza ragionevole (per lo più, in senso centralista) della pessima devolution (la riforma del titolo V) voluta dal centrosinistra nel 2001.
Immaginiamo ora che cosa accadrebbe se prevalesse il no. Accadrebbe che la Costituzione tornerebbe ad essere immodificabile per parecchi decenni a venire. È il vero punto debole del manifesto dei «riformatori per il no», lanciato da due costituzionalisti di cui chi scrive ha grande stima, Augusto Barbera e Stefano Ceccanti. Molte idee contenute nel manifesto, sia sui gravi difetti della Costituzione vigente sia su quelli del testo varato dal centrodestra, sono, almeno per chi scrive, condivisibili. Ciò che non è condivisibile è la conclusione, la tesi secondo cui, in caso di vittoria del no, ci sarebbe ancora lo spazio per riprendere a breve termine la strada della riforma costituzionale.
Non è così. Per almeno tre ragioni.
In primoluogo, perché, come dimostrano gli argomenti usati dai promotori del referendum, è tuttora molto forte in questo Paese l'area dei conservatori costituzionali ad oltranza, persone che (legittimamente) ritengono la Costituzione vigente la migliore delle Costituzioni possibili e che, per difenderla, non hanno neppure esitato a rispolverare l'ideologia resistenziale (sembra, ad esempio, che per costoro il premierato sia una specie di tradimento dei valori resistenziali, l'apertura delle porte al fascismo, eccetera). In caso di vittoria del no, essi si appellerebbero legittimamente al responso degli italiani per bloccare ogni nuova ipotesi di riforma.
La seconda ragione è che nella maggioranza di centrosinistra ci sono molti gruppi contrarissimi al premierato e questi gruppi farebbero valere il ruolo che svolgono ai fini della stabilità del governo per bloccare nuovi tentativi di riforma.
Da ultimo, non sarebbe più possibile né togliere al Senato il potere di conferire la fiducia al governo né ridurre il numero dei parlamentari. I senatori, e i parlamentari in genere, lo impedirebbero. Se queste misure sono passate con la riforma del centrodestra ciò è accaduto per una specie di miracolo, probabilmente perché molti parlamentari del centrodestra non credevano in cuor loro che la riforma sarebbe davvero andata in porto. È difficile che imiracoli si ripetano due volte.
Due parole, infine, sulla devolution. Premesso che chi scrive trova comunque insoddisfacente qualunque intervento in questo campo che eluda gli aspetti fiscali, resta che, se si confrontano i due testi, il titolo V riformato dal centrosinistra oggi in vigore e il testo della riforma, si scopre che la devolution 1 (la riforma del centrosinistra) è assai più confusa e pasticciata della devolution 2 (quella del centrodestra). Quest'ultima, per lo meno, definisce meglio le competenze esclusive delle Regioni e ricentralizza (reintroducendo il principio dell'interesse nazionale) materie che, insensatamente, il centrosinistra aveva attribuito alla competenza congiunta di Regioni e Stato. Per queste ragioni, chi scrive voterà sì.
5/31/2006
5/29/2006
E' ORA DI FINIRLA!
Sono assolutamente indignata dal comportamento del nuovo Premier e dei suoi ministri che in una giornata di elezioni si permettono di fare dichiarazioni catastrofistiche per spaventare gli Italiani e condizionarne così il voto!
Ma come si permettono? E' questa la democrazia che ci meritiamo?
Il mio è un appello accalorato a chi ancora non è andato a votare perchè si decida a lanciare una messaggio forte a questi governanti imbroglioni, che parlano giusto per far prendere aria alla bocca. Con quella loro aria piaciona, fingono di volere il bene comune e poi fanno donazioni miliardarie ai figli prima di cambiare le regole...
Un messaggio diretto a questa maligne cassandre che prima terrorizzano e poi improvvisamente dicono che l'economia è ripartita. Che dicono che gli Italiani non arrivano a fine mese, e poi però sono tutti via nel fine settimana. Che in campagna elettorale invocano a gran voce la concordia tra Italiani e il dialogo...e poi danno l'esempio occupando tutte le cariche dello Stato! Che sanno che nel 2007 si terranno gli europei di calcio con tutto l'indotto che questo genererà...e guarda caso ora abbiamo certi magistrati nel pallone.
ALLORA: CI VOGLIAMO SVEGLIARE?
VOGLIAMO CAMBIARE LE COSE! ANDIAMO A VOTARE!!!!
LANCIAMO UN SEGNALE FORTE DA MILANO, DA ROMA, DA NAPOLI, DA TORINO!!!
MA CI PRENDONO PER CRETINI?
PENSANO CHE SVENTOLANDO L'INVIDIA PER IL SINGOLO AVVERSARIO...CHE SIA BERLUSCONI, CHE SIA LA MORATTI...ECC... POSSANO CONTINUARE AD INGANNARCI?
UN PO' DI DECENZA, CHE DIAMINE!
LA POLITICA E' UN MESTIERE PER PROFESSIONISTI, UN'OPPORTUNITA' PER IL SINGOLO DI DARE L'ESEMPIO, ESALTARE I PREGI DELLA SOCIETA' ITALIANA E ALLO STESSO TEMPO CANCELLARNE I DIFETTI, AGENDO IN PRIMA PERSONA.
GLI ESEMPI LI ABBIAMO SOTTO GLI OCCHI: SCEGLIAMO QUELLI CHE POSSONO LANCIARE UNA VERO SEGNALE DI CAMBIAMENTO!
Le elezioni si svolgono oggi fino alle ore 15: il tempo per provare a modificare le cose c'è: sfruttiamolo!
Ma come si permettono? E' questa la democrazia che ci meritiamo?
Il mio è un appello accalorato a chi ancora non è andato a votare perchè si decida a lanciare una messaggio forte a questi governanti imbroglioni, che parlano giusto per far prendere aria alla bocca. Con quella loro aria piaciona, fingono di volere il bene comune e poi fanno donazioni miliardarie ai figli prima di cambiare le regole...
Un messaggio diretto a questa maligne cassandre che prima terrorizzano e poi improvvisamente dicono che l'economia è ripartita. Che dicono che gli Italiani non arrivano a fine mese, e poi però sono tutti via nel fine settimana. Che in campagna elettorale invocano a gran voce la concordia tra Italiani e il dialogo...e poi danno l'esempio occupando tutte le cariche dello Stato! Che sanno che nel 2007 si terranno gli europei di calcio con tutto l'indotto che questo genererà...e guarda caso ora abbiamo certi magistrati nel pallone.
ALLORA: CI VOGLIAMO SVEGLIARE?
VOGLIAMO CAMBIARE LE COSE! ANDIAMO A VOTARE!!!!
LANCIAMO UN SEGNALE FORTE DA MILANO, DA ROMA, DA NAPOLI, DA TORINO!!!
MA CI PRENDONO PER CRETINI?
PENSANO CHE SVENTOLANDO L'INVIDIA PER IL SINGOLO AVVERSARIO...CHE SIA BERLUSCONI, CHE SIA LA MORATTI...ECC... POSSANO CONTINUARE AD INGANNARCI?
UN PO' DI DECENZA, CHE DIAMINE!
LA POLITICA E' UN MESTIERE PER PROFESSIONISTI, UN'OPPORTUNITA' PER IL SINGOLO DI DARE L'ESEMPIO, ESALTARE I PREGI DELLA SOCIETA' ITALIANA E ALLO STESSO TEMPO CANCELLARNE I DIFETTI, AGENDO IN PRIMA PERSONA.
GLI ESEMPI LI ABBIAMO SOTTO GLI OCCHI: SCEGLIAMO QUELLI CHE POSSONO LANCIARE UNA VERO SEGNALE DI CAMBIAMENTO!
Le elezioni si svolgono oggi fino alle ore 15: il tempo per provare a modificare le cose c'è: sfruttiamolo!
5/24/2006
28 e 29 maggio: TUTTI ALLE URNE!
Domenica 28 e lunedì 29 maggio a Milano si voterà per il nuovo Consiglio Comunale e i nove Consigli di Zona.
ANDIAMO TUTTI A VOTARE PER LETIZIA MORATTI SINDACO, PERCHE' DA MILANO, CITTA' OPEROSA CHE INTEGRA E NON SOLO ACCOGLIE, CHE NON GRIDA, URLA O INSULTA, MA AGISCE, PARTA UN SEGNALE FORTE E CHIARO AL GOVERNO CENTRALE.
ANDIAMO A VOTARE PER LA DESTRA ITALIANA, PER ALLEANZA NAZIONALE, UN PARTITO GIOVANE, MODERNO ED EUROPEO, UN PARTITO CHE HA LE SUE SOLIDE FONDAMENTA NEL MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO.
UN PARTITO CHE SA PRENDERE POSIZIONE.
5/23/2006
LA STORIA SIAMO NOI 3
LA STRAGE DI CAPACI
23 MAGGIO 1992
Sono le 17,48 quando su una pista dell'aeroporto di Punta Raisi atterra un jet del Sisde, un aereo dei servizi segreti partito dall'aeroporto romano di Ciampino alle ore 16,40. Sopra c'è Giovanni Falcone con sua moglie Francesca. E sulla pista ci sono tre auto che lo aspettano. Una Croma marrone, una Croma bianca, una Croma azzurra. E' la sua scorta, erano stati raggruppati dal capo della mobile Arnaldo La Barbera....(continua a leggere qui)
"La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni"(Giovanni Falcone)
23 MAGGIO 1992
Sono le 17,48 quando su una pista dell'aeroporto di Punta Raisi atterra un jet del Sisde, un aereo dei servizi segreti partito dall'aeroporto romano di Ciampino alle ore 16,40. Sopra c'è Giovanni Falcone con sua moglie Francesca. E sulla pista ci sono tre auto che lo aspettano. Una Croma marrone, una Croma bianca, una Croma azzurra. E' la sua scorta, erano stati raggruppati dal capo della mobile Arnaldo La Barbera....(continua a leggere qui)
"La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni"(Giovanni Falcone)
5/22/2006
AMBROGINO D'ORO A SERVELLO
Venerdì 19 maggio a Palazzo Marino il Sindaco Gabriele Albertini
ha conferito l’Ambrogino d’Oro al Senatore Francesco Servello
“per il suo lungo, coerente e leale impegno parlamentare cominciato nel 1958, dopo aver fatto parte all’inizio degli anni Cinquanta del Consiglio Comunale di Milano”.
L’onorificenza è stata conferita, come è riportato nella motivazione, anche “per gli importanti incarichi istituzionali a lui affidati e che ha svolto con competenza e rettitudine.
Per aver contribuito con la sua autorevolezza alla piena legittimazione istituzionale della parte politica di cui ha sempre fatto parte, partecipando attivamente alla storica evoluzione che ha trasformato il Movimento Sociale Italiano in Alleanza Nazionale, un partito giovane, moderno, europeo. Per aver rappresentato le migliori qualità di Milano, il coraggio delle idee e il profondo rispetto per la democrazia”.
“Di tutte le onorificenze che ho ricevuto nella mia vita – ha dichiarato il sen. Servello – questa è per me la più importante. Da Milano, in particolare da Palazzo Marino, ho mosso infatti i primi passi della mia carriera. Erano gli anni Cinquanta – ha ricordato infine – quando cominciai a lavorare come cronista municipale per la redazione milanese de Il Tempo”.
ha conferito l’Ambrogino d’Oro al Senatore Francesco Servello
“per il suo lungo, coerente e leale impegno parlamentare cominciato nel 1958, dopo aver fatto parte all’inizio degli anni Cinquanta del Consiglio Comunale di Milano”.
L’onorificenza è stata conferita, come è riportato nella motivazione, anche “per gli importanti incarichi istituzionali a lui affidati e che ha svolto con competenza e rettitudine.
Per aver contribuito con la sua autorevolezza alla piena legittimazione istituzionale della parte politica di cui ha sempre fatto parte, partecipando attivamente alla storica evoluzione che ha trasformato il Movimento Sociale Italiano in Alleanza Nazionale, un partito giovane, moderno, europeo. Per aver rappresentato le migliori qualità di Milano, il coraggio delle idee e il profondo rispetto per la democrazia”.
“Di tutte le onorificenze che ho ricevuto nella mia vita – ha dichiarato il sen. Servello – questa è per me la più importante. Da Milano, in particolare da Palazzo Marino, ho mosso infatti i primi passi della mia carriera. Erano gli anni Cinquanta – ha ricordato infine – quando cominciai a lavorare come cronista municipale per la redazione milanese de Il Tempo”.
5/20/2006
UN TUFFO NEL PASSATO
Senato: fiducia al governo Prodi L'esecutivo ha ottenuto 165 si', i no sono stati 155 (ANSA) - ROMA, 19 MAG - Il Senato ha dato la fiducia al governo Prodi con 165 si' e 155 no. Non ci sono stati astenuti. Tutti i senatori a vita hanno votato per la fiducia al governo Prodi: Giulio Andreotti, Carlo Azeglio Ciampi, Emilio Colombo, Francesco Cossiga, Rita Levi Montalcini, Sergio Pininfarina e Oscar Luigi Scalfaro.
BENE: E' COME ESSERE TORNATI INDIETRO DI CINQUANT'ANNI.
QUALCUNO SE NE RENDE CONTO?????
L'unica consolazione è che il povero Papa Giovanni Paolo II è morto, dopo tutto quello che ha fatto e detto, prima di vedere il nostro Bel Paese "tingersi di rosso".
BENE: E' COME ESSERE TORNATI INDIETRO DI CINQUANT'ANNI.
QUALCUNO SE NE RENDE CONTO?????
L'unica consolazione è che il povero Papa Giovanni Paolo II è morto, dopo tutto quello che ha fatto e detto, prima di vedere il nostro Bel Paese "tingersi di rosso".
5/18/2006
TOTOMINSTRI....25!!!!!!!!!
E 72 tra viceministri (9) e sottosegretari (63).
Il governo vien di notte
con le liste tutte rotte.
Molti cercan la Bonino,
ma lei sta sull'Aventino,
quando parla Diliberto
ecco cresce lo sconcerto,
interviene Capezzone,
fa tremar tutta l'unione,
trovate un posto per Tonino,
che non sia da fattorino,
si consuma la favella
ma non basta per Mastella.
(Dall'articolo di Mario Giordano sul Giornale di oggi)
25 Ministri vs i 24 del Governo Berlusconi
1 solo lombardo nonché senza portafoglio (Ministro Pollastrini alle Pari Opportunità) *
6 donne (anziché le 8 promesse) di cui solo 1 con portafoglio
totale: più che un governo di centrosinistra, NASCE UN GOVERNO SINISTROCENTRICO.
D'altra parte dopo l'okkupazione delle tre cariche più alte dello Stato cosa ci si poteva aspettare.
Bhé: buon lavoro, che sia costruttivo e non distruttivo.
Quanto all'opposizione:
che sia vigile, dura, inflessibile,
sempre presente.
* si pone a grande forza la QUESTIONE SETTENTRIONALE
[ Il Centro Studi della Confcommercio ha elaborato questi dati: il 54% del Prodotto interno lordo nazionale arriva dal Nord Italia; il gettito Irap proveniente dal Settentrione corrisponde al 62% del totale; il 47% circa delle risorse fiscali destinate al Servizio sanitario nazionale lo versano al Nord; e le imposte correnti sul reddito e sul patrimonio versate dalle famiglie settentrionali rappresentano il 55,8%. C'è ancora qualcuno che si chiede perché esiste una «questione settentrionale»? ]
Il governo vien di notte
con le liste tutte rotte.
Molti cercan la Bonino,
ma lei sta sull'Aventino,
quando parla Diliberto
ecco cresce lo sconcerto,
interviene Capezzone,
fa tremar tutta l'unione,
trovate un posto per Tonino,
che non sia da fattorino,
si consuma la favella
ma non basta per Mastella.
(Dall'articolo di Mario Giordano sul Giornale di oggi)
25 Ministri vs i 24 del Governo Berlusconi
1 solo lombardo nonché senza portafoglio (Ministro Pollastrini alle Pari Opportunità) *
6 donne (anziché le 8 promesse) di cui solo 1 con portafoglio
totale: più che un governo di centrosinistra, NASCE UN GOVERNO SINISTROCENTRICO.
D'altra parte dopo l'okkupazione delle tre cariche più alte dello Stato cosa ci si poteva aspettare.
Bhé: buon lavoro, che sia costruttivo e non distruttivo.
Quanto all'opposizione:
che sia vigile, dura, inflessibile,
sempre presente.
* si pone a grande forza la QUESTIONE SETTENTRIONALE
[ Il Centro Studi della Confcommercio ha elaborato questi dati: il 54% del Prodotto interno lordo nazionale arriva dal Nord Italia; il gettito Irap proveniente dal Settentrione corrisponde al 62% del totale; il 47% circa delle risorse fiscali destinate al Servizio sanitario nazionale lo versano al Nord; e le imposte correnti sul reddito e sul patrimonio versate dalle famiglie settentrionali rappresentano il 55,8%. C'è ancora qualcuno che si chiede perché esiste una «questione settentrionale»? ]
5/16/2006
LA FORZA DELLE EMOZIONI
Milano: lasciata, picchia ex fidanzato e compagna
Arrabbiata per essere stata lasciata, ha aggredito a calci e pugni l'ex fidanzato, la sua attuale ragazza, il cane della coppia e infine ha sfasciato l'auto del giovane, saltando ripetutamente sul tettuccio. E' stata la nuova fidanzata del giovane, Cecilia M, 25 anni, a denunciare l'accaduto agli agenti della Questura. L'episodio è accaduto intorno alle 3 della notte scorsa, in via Gorizia a Milano. Secondo quanto raccontato della ragazza, l'ex fidanzata, Carlotta C., 25 anni, a bordo della propria auto ha incrociato casualmente la coppia che stava passeggiando. E' scesa e ha cominciato a insultare l'ex fidanzato. Poi è passata alle vie di fatto, prendendo a calci prima lui, poi lei, e ,infine, il loro cane. La coppia è scappata e la ragazza se l'é presa con la Fiat Panda dell'ex fidanzato, saltando sul tettuccio fino a distruggerlo. La ragazza è stata denunciata per danneggiamento e maltrattamento d'animali.
Arrabbiata per essere stata lasciata, ha aggredito a calci e pugni l'ex fidanzato, la sua attuale ragazza, il cane della coppia e infine ha sfasciato l'auto del giovane, saltando ripetutamente sul tettuccio. E' stata la nuova fidanzata del giovane, Cecilia M, 25 anni, a denunciare l'accaduto agli agenti della Questura. L'episodio è accaduto intorno alle 3 della notte scorsa, in via Gorizia a Milano. Secondo quanto raccontato della ragazza, l'ex fidanzata, Carlotta C., 25 anni, a bordo della propria auto ha incrociato casualmente la coppia che stava passeggiando. E' scesa e ha cominciato a insultare l'ex fidanzato. Poi è passata alle vie di fatto, prendendo a calci prima lui, poi lei, e ,infine, il loro cane. La coppia è scappata e la ragazza se l'é presa con la Fiat Panda dell'ex fidanzato, saltando sul tettuccio fino a distruggerlo. La ragazza è stata denunciata per danneggiamento e maltrattamento d'animali.
5/12/2006
5/07/2006
HIC SUNT LEONES
5/06/2006
CHI SONO
Sono convinta che per fare bene politica non sia necessario "urlare", ma "fare". Anziché alzare i toni, preferisco chi opera con serietà e disinteresse.
Credo nella forzadell'impegno, nelle sfide anche difficili, ma soprattutto credo nella politica condotta con spirito di servizio per i cittadini.
QUANDO E DOVE MI POTETE CONOSCERE
presentazione della candidatura
domenica 14 maggio - ore 20 - Baia Luna
(Piazza Susa 1)
5/04/2006
IL VALORE DELLA VITA
4/29/2006
4/28/2006
NASSIRIYA - 27 APRILE 2006
Nicola Ciardelli - Capitano dell' esercito
Carlo De Trizio - Maresciallo Capo dei Carabinieri
Franco Lattanzio - Maresciallo Capo dei Carabinieri
Enrico Frassanito - Maresciallo dei Carabinieri (7 maggio 2006)
"NON CONDIVIDO LE TUE IDEE,
MA SONO DISPOSTO A SACRIFICARE LA MIA VITA
PERCHE' TU POSSA AVERE LA LIBERTA'DI MANIFESTARLE".
Voltaire
4/27/2006
SENZA PAROLE 2
Lascia il figlio di tre anni in macchina tutta la notte e viene denunciata per abbandono di minore. E' accaduto a Milano in via Pascoli. Alcuni passanti hanno notato il bimbo, in pigiama, che camminava vicino all'auto e hanno chiamato la polizia. Poco dopo è tornata la madre che ha detto di aver lasciato il piccolo in auto perchè dormiva, mentre lei si era recata alla discoteca "Matisse" per cercare il compagno senegalese.
4/24/2006
25 APRILE: PIETA' L'E' MORTA
4/22/2006
DONNE E STUPRI
Milano, 21 aprile 2006 -
Il Comune di Milano parte civile nei processi per stupro:
il Procuratore Vitiello, a capo del Pool Famiglia, elogia l’iniziativa
e garantisce piena collaborazione e sostegno
Dopo la proposta che era stata annunciata due mesi fa dal Vice Sindaco Riccardo De Corato sulla possibilità che il Comune di Milano si costituisca parte civile nei processi penali per violenza sessuale, i legali del Comune hanno incontrato il dott. Ferdinando Vitiello, Procuratore Aggiunto e coordinatore del Pool Famiglia, composto da un gruppo di Pubblici Ministeri con competenze specifiche e differenziate in materia di stupri.
Durante l’incontro che si è svolto per esaminare nel dettaglio la proposta del Comune, il Procuratore ha elogiato l’iniziativa e ne ha sottolineato il forte valore morale, sebbene in merito alla sua fattibilità potrebbero esserci delle difficoltà sotto il profilo giuridico considerata l’esistenza di una giurisprudenza contraria e che potrebbe essere seguita nel corso dei processi. Ciononostante il Procuratore si è impegnato a fornire totale collaborazione al fine di rendere possibile un’azione efficace e tempestiva da parte del Comune su questo delicato tipo di reati e costituirsi così parte civile nei processi per stupro.
“Grazie all’impegno congiunto e ad una proficua collaborazione tra le istituzioni – commenta il Vice Sindaco – potremo dar seguito a questa iniziativa importante e necessaria per dare un segnale forte di condanna di fronte alle violenze contro le donne. Infatti la città potrà sostenere le vittime di questi odiosi reati anche durante il difficile iter del processo schierandosi al loro fianco nelle aule dei tribunali”.
“L’attenzione dedicata a questi reati – prosegue De Corato – da parte degli organi giudiziari milanesi, anche grazie all’impegno di uno specifico pool competente, e una mirata attività investigativa hanno permesso di assicurare alla giustizia molti responsabili degli stupri. Questo incontro con la Procura rappresenta un primo importante passo per far sì che, grazie alla fermezza nei confronti degli stupratori di qualsiasi etnia e nazionalità, e alla solidarietà per le vittime, non si abbassi mai la guardia di fronte a queste ignobili violenze”.
Il Comune di Milano parte civile nei processi per stupro:
il Procuratore Vitiello, a capo del Pool Famiglia, elogia l’iniziativa
e garantisce piena collaborazione e sostegno
Dopo la proposta che era stata annunciata due mesi fa dal Vice Sindaco Riccardo De Corato sulla possibilità che il Comune di Milano si costituisca parte civile nei processi penali per violenza sessuale, i legali del Comune hanno incontrato il dott. Ferdinando Vitiello, Procuratore Aggiunto e coordinatore del Pool Famiglia, composto da un gruppo di Pubblici Ministeri con competenze specifiche e differenziate in materia di stupri.
Durante l’incontro che si è svolto per esaminare nel dettaglio la proposta del Comune, il Procuratore ha elogiato l’iniziativa e ne ha sottolineato il forte valore morale, sebbene in merito alla sua fattibilità potrebbero esserci delle difficoltà sotto il profilo giuridico considerata l’esistenza di una giurisprudenza contraria e che potrebbe essere seguita nel corso dei processi. Ciononostante il Procuratore si è impegnato a fornire totale collaborazione al fine di rendere possibile un’azione efficace e tempestiva da parte del Comune su questo delicato tipo di reati e costituirsi così parte civile nei processi per stupro.
“Grazie all’impegno congiunto e ad una proficua collaborazione tra le istituzioni – commenta il Vice Sindaco – potremo dar seguito a questa iniziativa importante e necessaria per dare un segnale forte di condanna di fronte alle violenze contro le donne. Infatti la città potrà sostenere le vittime di questi odiosi reati anche durante il difficile iter del processo schierandosi al loro fianco nelle aule dei tribunali”.
“L’attenzione dedicata a questi reati – prosegue De Corato – da parte degli organi giudiziari milanesi, anche grazie all’impegno di uno specifico pool competente, e una mirata attività investigativa hanno permesso di assicurare alla giustizia molti responsabili degli stupri. Questo incontro con la Procura rappresenta un primo importante passo per far sì che, grazie alla fermezza nei confronti degli stupratori di qualsiasi etnia e nazionalità, e alla solidarietà per le vittime, non si abbassi mai la guardia di fronte a queste ignobili violenze”.
4/21/2006
ENRICO PEDENOVI
QUI FU ASSASSINATO IL 29 APRILE DEL 1976
DALLA MANO ARMATA DI UN COMMANDO
DI TERRORISTI DI PRIMA LINEA
L’AVV. ENRICO PEDENOVI
CONSIGLIERE PROVINCIALE
DEL MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO
MILANO, 29 APRILE 2006
Questa targa, a distanza di trent'anni,
ancora suscita clamore
a causa di persone vigliacche e rancorose.
DALLA MANO ARMATA DI UN COMMANDO
DI TERRORISTI DI PRIMA LINEA
L’AVV. ENRICO PEDENOVI
CONSIGLIERE PROVINCIALE
DEL MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO
MILANO, 29 APRILE 2006
Questa targa, a distanza di trent'anni,
ancora suscita clamore
a causa di persone vigliacche e rancorose.
4/20/2006
MENS SANA IN CORPORE SANO: IL RUGBY
"Je ne suis pas trop en mesure de dire pourquoi j'ai préféré le rugby aux autres sports. Toujours est-il que j'ai trouvé dans le rugby une solidarité, une joie de vivre sur et hors du terrain, une manière de vivre pleinement qui me font y trouver un facteur d'équilibre pour l'ensemble de mon existence."
La sua immagine, almeno qui da noi, in Italia, è quella del fango, dove uomini resi quasi irriconoscibili, si danno battaglia contendendosi un pallone ovale, vischioso e imprendibile, che nessuno da fuori riesce a vedere. Eppure questo sport vanta remote origini nobili, perché nato in uno dei più aristocratici college inglesi, quello di Rugby appunto, che gli ha dato il nome, quando il giovane studente William Ellis, durante una partita di calcio disputata nel 1845, decise all'improvviso di afferrare il pallone con le mani (allora era ancora rotondo, ovviamente) e di partire come un razzo verso l'opposta linea di fondo. Ed è anche spettacolo! Ma soprattutto è disciplina dura e virile, che richiede doti di coraggio, generosità, abnegazione, altruismo e sacrificio....
La sua immagine, almeno qui da noi, in Italia, è quella del fango, dove uomini resi quasi irriconoscibili, si danno battaglia contendendosi un pallone ovale, vischioso e imprendibile, che nessuno da fuori riesce a vedere. Eppure questo sport vanta remote origini nobili, perché nato in uno dei più aristocratici college inglesi, quello di Rugby appunto, che gli ha dato il nome, quando il giovane studente William Ellis, durante una partita di calcio disputata nel 1845, decise all'improvviso di afferrare il pallone con le mani (allora era ancora rotondo, ovviamente) e di partire come un razzo verso l'opposta linea di fondo. Ed è anche spettacolo! Ma soprattutto è disciplina dura e virile, che richiede doti di coraggio, generosità, abnegazione, altruismo e sacrificio....
4/19/2006
IL PETROLIO IMPENNA: GREENPEACE, SI' AL NUCLEARE
«All’inizio degli anni ’70, quando ho contribuito a fondare Greenpeace, credevo che l’energia nucleare fosse sinonimo di olocausto nucleare».
Lo ha scritto sul Washington Post Patrick Moore, e ha spaccato il mondo ecologista americano.
Perché lo storico esponente verde spiega che «a distanza di trent’anni, il mio punto di vista è cambiato e ritengo che gli ambientalisti dovrebbero aggiornare il loro. Perché il nucleare potrebbe essere la sola fonte energetica in grado di salvare il nostro pianeta dal disastro.»
FINALMENTE.
Lo ha scritto sul Washington Post Patrick Moore, e ha spaccato il mondo ecologista americano.
Perché lo storico esponente verde spiega che «a distanza di trent’anni, il mio punto di vista è cambiato e ritengo che gli ambientalisti dovrebbero aggiornare il loro. Perché il nucleare potrebbe essere la sola fonte energetica in grado di salvare il nostro pianeta dal disastro.»
FINALMENTE.
4/18/2006
IL COMPLESSO DEL GIUDIZIO ESTERO 2
Financial Time: MALE VITTORIA DI MISURA, RISCHIO USCITA DALL'EURO
''La vittoria elettorale di stretta misura dell'alleanza di centrosinistra di Romano Prodi è il peggiore risultato immaginabile per la possibilità dell'Italia di rimanere nell'eurozona oltre il 2015. Mi aspetto che gli investitori internazionali comincino a speculare sulla partecipazione dell'Italia all'euro già durante la vita del governo Prodi''. Lo scrive nel suo commento settimanale l'editorialista del Financial Times Wolfgang Munchau.
Secondo il Finacial Times in discussione non è ''l'impegno politico di Prodi nei confronti dell'euro''. Il problema sono ''le circostanze economiche che potrebbero obbligare un governo a prendere decisioni impensabili fino al momento in cui non diventano inevitabili''.
''Tutti sappiamo che l'economia italiana ha guai profondi. Ma è importante ricordare che i problemi dell'Italia sono diversi da quelli di Francia e Germania. Molte economie continentali soffrono di crescita bassa e alta disoccupazione. Anche l'Italia soffre di crescita bassa, sebbene la creazione di posti di lavoro sia stata eccezionalmente buona. Il problema dell'Italia è non essere pronta a vivere nell'unione monetaria''.
L'editorialista rileva inoltre che ''sin dal lancio dell'euro nel 1999, l'Italia ha avuto un massiccio apprezzamento del suo reale tasso di cambio. Il costo del lavoro unitario è cresciuto del 20% rispetto a quello della Germania'' e inoltre l'Italia ha ''un problema di competitività di prezzi in molti settori economici. Un programma sensato di riforme economiche dovrebbe concentrarsi sul sistema di contrattazione salariare e sulla regolamentazione del mercato di prodotti e servizi''.
Secondo Financial Times, ''Prodi offre il genere sbagliato di riforme già fallite in altri paesi europei'' e la ristretta maggioranza su cui poggia la sua coalizione al Senato ''potrebbe non consentirgli di attuare il già insufficiente programma''.
''Se l'Italia continua a perdere competitività macroeconomica, un movimento politico populista potrebbe emergere con in programma il ritiro dell'euro'', scrive il Financial Times chiedendosi cosa accadrebbe con il ritorno alla lira del debito pubblico principalmente in euro ''che adesso è al 106,5% del Pil''. ''L'Italia quasi certamente non sarebbe in grado di ripagare in pieno agli investitori le sue obbligazioni. Dovrebbe o riportare questi debiti in lira ad un tasso di cambio non favorevole agli investitori o dichiararsi inadempiente''.
''Da un punto di vista degli investitori, il ritiro italiano dall'eurozona sarebbe equivalente a inadempienza a stato sovrano''.
''Date queste prospettive, perchè - si chiede ancora Financial Times - i mercati finanziari non stanno speculando ancora su tale evento?''. Il giornale individua tre fattori per l'ottimismo di mercati. ''Il primo è che l'Italia sia effettivamente intrappolata all'interno dell'eurozona in quanto lasciarla non risolverebbe nessun problema economico. Questo argomento ignora il fatto che l'inadempienza è di solito conseguenza del panico e non di una scelta razionale. Il secondo è la convinzione che la Banca Centrale Europea interverrebbe per salvare uno stato membro inadempiente. Questo punto di vista potrebbe sottovalutare la fermezza della Bce a osservare la sua regola di non salvataggio in casi del genere. Il terzo è che, anche nel peggiore degli scenari, è ancora altamente improbabile che l'inadempienza subentri durante la durata di un titolo di stato a dieci anni''.
''Questo argomento offre - continua il commento - la spiegazione più plausibile al fatto che i mercati non hanno messo un premio di rischio più alto sui titoli di stato italiani. Spiega anche perchè il mercato dei titoli pubblici sia notoriamente un cattivo indicatore anticipato del rischio di default''.
4/14/2006
LA STORIA SIAMO NOI 2
ARRESTATO PROVENZANO
CORLEONE (PALERMO) - Il padrino mafioso più ricercato in Italia e in Europa per 43 anni, Bernardo Provenzano, 73 anni, erede di Luciano Liggio e compare di Totò Riina, è stato preso da una trentina di poliziotti alle 11,10 di oggi con un blitz improvviso in una masseria che dista solo tre chilometri dalla casa dove abitano la moglie e i figli. Agenti dello Sco e della squadra mobile palermitana, dopo un lavoro di intelligence durato mesi, ma che ha radici ben più lontane, hanno, con un' intuizione formidabile, capito che i pacchi che venivano consegnati dai familiari del latitante ad altri uomini dell' entourage mafioso corleonese con vestiti e altri generi di necessità finivano in quella casa con annesso ovile, magazzino e stanza per la produzione di ricotta e tuma con grani di pepe nero. E così gli agenti, di notte, con travestimenti perfetti, hanno piazzato microfoni a distanza, telecamere potenti e hanno sorvegliato la masseria. Piccoli indizi, come un' antenna televisiva montata in una casa che sembrava disabitata, hanno rafforzato la tesi investigativa: fino a stamani, quando il gruppo di poliziotti guidato da Renato Cortese ha stretto l' assedio e ha fatto irruzione in quella casa di contrada Montagna dei cavalli e ha arrestato il piu' famoso latitante mafioso del mondo.Un vecchietto curvo, con giubbotto, pantaloni larghi e un fazzoletto attorno alla gola, un paio d'occhiali con montatura leggera dorata retti dietro al collo da una cordicella: e' questo l' uomo che gli agenti si sono trovati davanti e che poi hanno portato in questura dove c'erano centinaia di poliziotti e di persone ad attendere l'arrivo del boss. Provenzano non ha parlato, ma ha chiesto ai poliziotti solo di poter fare più tardi un' iniezione.
''Bastardo'', ''assassino'', ha gridato la folla quando Provenzano è stato fatto scendere dall' auto di fronte al cortile della squadra mobile ed è stato accompagnato negli uffici. Hanno applaudito gli stessi poliziotti, che poi hanno pianto e si sono abbracciati, lasciando cadere una tensione che durava da anni. La gioia è stata rotta dall' emozione e dal ricordo per le tante vittime di Cosa nostra. Ma l' operazione è ancora in corso ''e sicuramente avremo altri arresti anche interessanti'', ha detto il direttore della Direzione anticrimine centrale Nicola Cavaliere, aggiungendo di sperare che ''già in nottata qualcosa si muova''. ''Ci siamo tolti un grande peso'', ha ammesso il capo della Polizia, Gianni De Gennaro, aggiungendo che ''l'arresto è stato frutto di un gioco di squadra, anche se poi il gol l'ha segnato qualche giocatore della Polizia''. ''Nel gioco di squadra si sa - ha spiegato - poi c'e' chi si trova a segnare il gol, ma il sentimento di base è la soddisfazione di poter dire che abbiamo giocato una buona partita''. Quella di oggi ''è una delle più belle'' giornate da ministro dell'Interno''. Ha invece detto il ministro Giuseppe Pisanu. ''Una delle più belle - ha aggiunto - dopo l'arresto degli assassini di Biagi e D'Antona''. ''Farò di tutto per evitare guerre interne a Cosa Nostra dopo la cattura di Bernardo Provenzano'', ha detto il procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso. ''Su tutto il materiale trovato oggi - ha aggiunto Grasso - saranno svolte indagini per capire le nuove dinamiche di Cosa Nostra. Non appena il vertice viene decapitato l'organizzazione subisce un colpo, ma presto il vuoto sarà colmato, bisogna quindi insistere nel contrasto a questo fenomeno''. ANSA dell' 11/04/2006 21:07
CORLEONE (PALERMO) - Il padrino mafioso più ricercato in Italia e in Europa per 43 anni, Bernardo Provenzano, 73 anni, erede di Luciano Liggio e compare di Totò Riina, è stato preso da una trentina di poliziotti alle 11,10 di oggi con un blitz improvviso in una masseria che dista solo tre chilometri dalla casa dove abitano la moglie e i figli. Agenti dello Sco e della squadra mobile palermitana, dopo un lavoro di intelligence durato mesi, ma che ha radici ben più lontane, hanno, con un' intuizione formidabile, capito che i pacchi che venivano consegnati dai familiari del latitante ad altri uomini dell' entourage mafioso corleonese con vestiti e altri generi di necessità finivano in quella casa con annesso ovile, magazzino e stanza per la produzione di ricotta e tuma con grani di pepe nero. E così gli agenti, di notte, con travestimenti perfetti, hanno piazzato microfoni a distanza, telecamere potenti e hanno sorvegliato la masseria. Piccoli indizi, come un' antenna televisiva montata in una casa che sembrava disabitata, hanno rafforzato la tesi investigativa: fino a stamani, quando il gruppo di poliziotti guidato da Renato Cortese ha stretto l' assedio e ha fatto irruzione in quella casa di contrada Montagna dei cavalli e ha arrestato il piu' famoso latitante mafioso del mondo.Un vecchietto curvo, con giubbotto, pantaloni larghi e un fazzoletto attorno alla gola, un paio d'occhiali con montatura leggera dorata retti dietro al collo da una cordicella: e' questo l' uomo che gli agenti si sono trovati davanti e che poi hanno portato in questura dove c'erano centinaia di poliziotti e di persone ad attendere l'arrivo del boss. Provenzano non ha parlato, ma ha chiesto ai poliziotti solo di poter fare più tardi un' iniezione.
''Bastardo'', ''assassino'', ha gridato la folla quando Provenzano è stato fatto scendere dall' auto di fronte al cortile della squadra mobile ed è stato accompagnato negli uffici. Hanno applaudito gli stessi poliziotti, che poi hanno pianto e si sono abbracciati, lasciando cadere una tensione che durava da anni. La gioia è stata rotta dall' emozione e dal ricordo per le tante vittime di Cosa nostra. Ma l' operazione è ancora in corso ''e sicuramente avremo altri arresti anche interessanti'', ha detto il direttore della Direzione anticrimine centrale Nicola Cavaliere, aggiungendo di sperare che ''già in nottata qualcosa si muova''. ''Ci siamo tolti un grande peso'', ha ammesso il capo della Polizia, Gianni De Gennaro, aggiungendo che ''l'arresto è stato frutto di un gioco di squadra, anche se poi il gol l'ha segnato qualche giocatore della Polizia''. ''Nel gioco di squadra si sa - ha spiegato - poi c'e' chi si trova a segnare il gol, ma il sentimento di base è la soddisfazione di poter dire che abbiamo giocato una buona partita''. Quella di oggi ''è una delle più belle'' giornate da ministro dell'Interno''. Ha invece detto il ministro Giuseppe Pisanu. ''Una delle più belle - ha aggiunto - dopo l'arresto degli assassini di Biagi e D'Antona''. ''Farò di tutto per evitare guerre interne a Cosa Nostra dopo la cattura di Bernardo Provenzano'', ha detto il procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso. ''Su tutto il materiale trovato oggi - ha aggiunto Grasso - saranno svolte indagini per capire le nuove dinamiche di Cosa Nostra. Non appena il vertice viene decapitato l'organizzazione subisce un colpo, ma presto il vuoto sarà colmato, bisogna quindi insistere nel contrasto a questo fenomeno''. ANSA dell' 11/04/2006 21:07
LA STORIA SIAMO NOI
IL FATTO
Qualcuno vuole fermare una realtà vivace,GIOVANE,
progettata dalla diocesi, che ha «osato»
porsi al di fuori dell’economia inquinata della zona
Locri, una cooperativaspaventa i poteri oscuri
Il progetto Policoro finito nel mirino di 'ndrangheta
e massoneria deviata. Sabotaggi e intimidazioni all’azienda agricola
che ha rotto il meccanismo dell’illegalità, assumendo anche figli di mafiosi.
Qualcuno vuole fermare una realtà vivace,GIOVANE,
progettata dalla diocesi, che ha «osato»
porsi al di fuori dell’economia inquinata della zona
Locri, una cooperativaspaventa i poteri oscuri
Il progetto Policoro finito nel mirino di 'ndrangheta
e massoneria deviata. Sabotaggi e intimidazioni all’azienda agricola
che ha rotto il meccanismo dell’illegalità, assumendo anche figli di mafiosi.
"Una lunga catena di morte, 26 omicidi di mafia, avvolge da due anni e mezzo la Locride. Il più famoso dei quali, l'uccisione il 16 ottobre 2005 in pieno centro a Locri del vicepresidente del consiglio regionale Francesco Fortugno, provocò una rivolta giovanile......"
leggi avvenire
PERCHE' IL SOLE SPLENDA A PASQUA!
ADERIAMO ALL'APPELLO
di Alleanza Nazionale affinché siano ricontati
con scrupolo i voti delle elezioni politiche.
Centiania di migliaia
sono le schede bianche, nulle e contestate.
VIGILIAMO anhe noi
affinchè la maggioranza politica alla Camera dei Deputati
e al Senato della Repubblica sia certa
sottoscriviamo questo appello alle Istituzioni:
LA CIVILTA' MODERNA
In Gran Bretagna: 40enne morta da 2 anni davanti alla tv, trovata scheletro
Lo scheletro di una donna di 40 anni morta nel dicembre del 2003 è stato trovato in un appartamento di Londra, circondato da regali di Natale e con la televisione ancora accesa.
La macabra scoperta, riferita dal "London Evening Standard", è stata fatta a gennaio di quest'anno dagli amministratori del condominio dove la donna, Joice Vicent, viveva.
Gli uomini erano andati a sfrattarla per non aver pagato l'affitto.
Secondo i primi risultati dell'inchiesta la donna sarebbe morta per cause naturali nel Natale di due anni fa. Da allora il suo corpo è rimasto nel soggiorno della casa senza che nessuno lo scoprisse. Il riscaldamento era ancora in funzione e in cucina la polizia ha trovato in una bacinella il bucato pulito pronto per essere steso ad asciugare. (TGcom del 13.04.06)
Lo scheletro di una donna di 40 anni morta nel dicembre del 2003 è stato trovato in un appartamento di Londra, circondato da regali di Natale e con la televisione ancora accesa.
La macabra scoperta, riferita dal "London Evening Standard", è stata fatta a gennaio di quest'anno dagli amministratori del condominio dove la donna, Joice Vicent, viveva.
Gli uomini erano andati a sfrattarla per non aver pagato l'affitto.
Secondo i primi risultati dell'inchiesta la donna sarebbe morta per cause naturali nel Natale di due anni fa. Da allora il suo corpo è rimasto nel soggiorno della casa senza che nessuno lo scoprisse. Il riscaldamento era ancora in funzione e in cucina la polizia ha trovato in una bacinella il bucato pulito pronto per essere steso ad asciugare. (TGcom del 13.04.06)
4/13/2006
IL COMPLESSO DEL GIUDIZIO ESTERO
Bene...non mi resta che rispettare e fidarmi del responso elettorale,
augurandomi che i motivi che hanno spinto gli elettori di centrosinistra ad affidare l'Italia al Professore abbiano ragione. E che i nuovi governanti mi smentiscano con i fatti. Costruendo e non distruggendo le riforme attuate fino ad oggi....Sebbene i recenti fatti di cronaca abbiano già cominciato ad intaccare questa mia speranza....
A proposito del complesso estero e di quanto sia sensato fidarsi del giudizio della stampa estera ed accettare a orecchie basse che all'estero ridono di noi...eccovi il "Verbo" , il giornale che alcuni hanno ripetutamente tirato in ballo per confutare le proprie convinzioni, THE ECONOMIST, il giorno dopo:
Global AgendaLatest news analysis: Prodi's a paper-thin victory
Apr 12th 2006Romano Prodi has won Italy's election by the tightest possible margin, claiming both houses of parliament. But Silvio Berlusconi, the outgoing prime minister, is unwilling to accept it. The tight result suggests Mr Prodi is in no position to pursue economic reforms that the country urgently needs ...[http://www.economist.com/index.html]
SORPRESA: la vittoria sottile come la carta di Prodi avrà come unica priorità quella di tenere unito il gruppo dal momento che il Prof dipenderà dal sostegno dei partiti di estrema sinistra, specialmente Bertinotti che non ha mai fatto mistero di essere totalmente contrario a riforme su grandi scala delle quali l'economia italiana ha un gran bisogno.
D'ALTRA PARTE LA SCELTA ELETTORALE DEL NORD ITALIA NE E' UNA LAMPANTE TESTIMONIANZA.
Comunque, tranquilli, non è il solo Economist ad aver lanciato il contrordine:
gli fanno compagnia il Times (che si accorge ora del prodiano intento di rovesciare la Legge Biagi), il Financial Time, Le Monde (che scopre un Prodi servato...e scialbo), la tedesca "Sueddeutsche Zeitung,vicina alle posizioni socialdemocratiche (che commenta l'amara vittoria di Prodi che dovrà governare un paese diviso) e El Pais che osserva che il Paese appare diviso e paralizzato e che, essendosi il voto in una sorta di plebiscito sul Cavaliere, il risultato non è conclusivo.
Hanno forse smesso di ridere di noi???
Chissà: forse i due nostri neo depuati del post "Venti di cambiamento 3" potranno confutare con le loro rispettive biografie questo triste fatto.
augurandomi che i motivi che hanno spinto gli elettori di centrosinistra ad affidare l'Italia al Professore abbiano ragione. E che i nuovi governanti mi smentiscano con i fatti. Costruendo e non distruggendo le riforme attuate fino ad oggi....Sebbene i recenti fatti di cronaca abbiano già cominciato ad intaccare questa mia speranza....
A proposito del complesso estero e di quanto sia sensato fidarsi del giudizio della stampa estera ed accettare a orecchie basse che all'estero ridono di noi...eccovi il "Verbo" , il giornale che alcuni hanno ripetutamente tirato in ballo per confutare le proprie convinzioni, THE ECONOMIST, il giorno dopo:
Global AgendaLatest news analysis: Prodi's a paper-thin victory
Apr 12th 2006Romano Prodi has won Italy's election by the tightest possible margin, claiming both houses of parliament. But Silvio Berlusconi, the outgoing prime minister, is unwilling to accept it. The tight result suggests Mr Prodi is in no position to pursue economic reforms that the country urgently needs ...[http://www.economist.com/index.html]
SORPRESA: la vittoria sottile come la carta di Prodi avrà come unica priorità quella di tenere unito il gruppo dal momento che il Prof dipenderà dal sostegno dei partiti di estrema sinistra, specialmente Bertinotti che non ha mai fatto mistero di essere totalmente contrario a riforme su grandi scala delle quali l'economia italiana ha un gran bisogno.
D'ALTRA PARTE LA SCELTA ELETTORALE DEL NORD ITALIA NE E' UNA LAMPANTE TESTIMONIANZA.
Comunque, tranquilli, non è il solo Economist ad aver lanciato il contrordine:
gli fanno compagnia il Times (che si accorge ora del prodiano intento di rovesciare la Legge Biagi), il Financial Time, Le Monde (che scopre un Prodi servato...e scialbo), la tedesca "Sueddeutsche Zeitung,vicina alle posizioni socialdemocratiche (che commenta l'amara vittoria di Prodi che dovrà governare un paese diviso) e El Pais che osserva che il Paese appare diviso e paralizzato e che, essendosi il voto in una sorta di plebiscito sul Cavaliere, il risultato non è conclusivo.
Hanno forse smesso di ridere di noi???
Chissà: forse i due nostri neo depuati del post "Venti di cambiamento 3" potranno confutare con le loro rispettive biografie questo triste fatto.
VENTI DI CAMBIAMENTO 4
ELEZIONI/ PM: LE SCHEDE TROVATE A ROMA ERANO VOTATE
Roma, 12 apr. (Apcom) - Le oltre 200 schede elettorali ritrovate in uno scatolone accanto ad un cassonetto nella zona della Tuscolana erano votate. Questo è quanto si apprende alla Procura di Roma. Al momento non si troverebbe il verbale che "accompagnava" le stesse schede. Risulta invece regolarmente consegnato l'altro verbale che va portato in Prefettura. Lo scrutinio dovrebbe essere avvenuto in modo regolare - si spiega - in ogni caso verranno fatte tutte le verifiche su aspetti più o meno chiari. La Digos della Polizia invierà entro la mattinata un primo rapporto al Pm Adelchi D'Ippolito che al procuratore capo Giovanni Ferrara. (Segue)
Roma, 12 apr. (Apcom) - Le oltre 200 schede elettorali ritrovate in uno scatolone accanto ad un cassonetto nella zona della Tuscolana erano votate. Questo è quanto si apprende alla Procura di Roma. Al momento non si troverebbe il verbale che "accompagnava" le stesse schede. Risulta invece regolarmente consegnato l'altro verbale che va portato in Prefettura. Lo scrutinio dovrebbe essere avvenuto in modo regolare - si spiega - in ogni caso verranno fatte tutte le verifiche su aspetti più o meno chiari. La Digos della Polizia invierà entro la mattinata un primo rapporto al Pm Adelchi D'Ippolito che al procuratore capo Giovanni Ferrara. (Segue)
4/12/2006
LA SOSTANZA DEL FUTURO "LEADER"
A proposito della tanto sbandierata felicità di cui gli Italiani avrebbero bisogno
secondo la Neo Mary Poppins PRODIana ....
e su come il "nostro" futuro leader" vorrebbe conseguirla...
dopo aver tanto sbandierato nei dibattiti televisivi che "occorre parlare, instaurare un dialogo" ( ...amen!)
riporto una lucida analisi fatta oggi dal Direttore del Secolo d'Italia, Flavia Perina :
IL PROF INGANNA ANCHE I SUOI
Il mantra del premier virtuale
Incapace di uscire dalla realtà fantastica di cui è prigioniero insieme alla sua intera coalizione,Romano Prodi è andato avanti ieri con il suo play-game che dopo l’incoronazione virtuale dei sondaggi, la vittoria virtuale degli exit poll, la festa virtuale in piazza Santissimi Apostoli,prevedeva l’autoproclamazione a premier virtuale. Inutilmente il Paese reale ha cercatodi riportare il Professore allo stato delle cose. Il presidente Ciampi, al telefono, gli ha detto chiaroe tondo che non intende assegnargli l’incarico. Il ministro Pisanu ha formalmente ricordatoche i dati sono provvisori e non ufficiali, che ci sono un milione di voti non validi, di cui la metàsono schede “nulle” e circa 40mila non assegnate per contestazioni varie. I suoi alleati piùprudenti hanno evidenziato le difficoltà di gestire una situazione di sostanziale pareggio, conuna maggioranza sottile come un foglio di carta velina al Senato, dove in numeri assoluti la Cdlha quattrocentomila voti in più. Niente. Come un adolescente davanti a un videogioco, Prodinon ha dubbi, non ha incertezze, non ha bisogno di consultarsi con nessuno. Ieri, mentre gliesploratori diessini facevano cauti sondaggi sulla possibilità di trattare sugli incarichi istituzionali,ha annunciato che governerà cinque anni prendendosi tutto, «come stabilito dal programma», e ha avuto pure il coraggio di sollecitare una telefonata di auguri da parte di Berlusconi invitando l’opposizione «a essere costruttiva». Così, il surreale lunedì della stravittoria si è declinato nelkafkiano martedì del superpremier: altrettanto fantomatico, irreale, avulso da ogni dato concreto,perché con le somme dei verbali ancora da fare e solo 25mila voti di scarto un “leader serio” aspetta gli eventi e si attacca al telefono più che ai microfoni di piazza. Se ci chiamassimo Bocca, o Scalfari, o Maltese, avremmo già scritto che Prodi tenta il golpe: solo negli Stati africani onelle repubbliche delle banane tanto citate da Travaglio, un candidato con lo zero virgola di maggioranza si autoproclama vincitore prima ancora che i risultati siano convalidati. Ma abbiamo conservato il senso delle proporzioni, e sappiamo bene che l’arroganza del Professore è la mascheradella sconfitta politica e persino umana della classe dirigente dell’Ulivo che ha perso il referendumcontro Berlusconi e pure la scommessa sul futuro partito democratico, affondata dal successodelle ali estreme, di Rifondazione al 7,2 e del Pdci al 4,2, che consegnano quasi un terzodei seggi ai pasdaran della coalizione. Prodi è rimasto triturato dal voto, non potrà governare, e neidue mesi che lo separano dall’investitura vera (ammesso che risulti davvero primo) cuocerà afuoco lento tra gli ultimatum della sua armata Brancaleone su tutto: incarichi, ministeri, provvedimenti dei primi cento giorni. È per nascondere tutto questo che ha costruito il suo trionfo di cartone. Ma c’è anche altro, e lo ha rivelato la faccia di gesso di Fassino durante i finti festeggiamenti della notte elettorale. Senza quei brindisi e quegli abbracci la leadershipdell’Unione oggi si sarebbe trovata alla sbarra in una sorta di processo popolare, da partedei suoi stessi dirigenti intermedi, come avvenne nel 2001. Capi di imputazione: irresolutezza, scelta sbagliata del leader, mancanza di coraggio nel proporre il listone unitario anche al Senato, errori nelle candidature, nel programma-fiume, nella comunicazione sul fisco e sulle tasse. Tutti temi comunque emersi ieri nelle pieghe del dibattito. Il problema è stato risolto dando al popolo della sinistra quello che da cinque anni gli era stato promesso, cioè una gran festa per la cacciata delCavaliere. E il mantra intonato ieri per tutta la giornata – «Abbiamo una maggioranza solida, si puògovernare» – appartiene alla stessa categoria illusionistica, qualcosa a metà tra gli annunci sovieticisul successo dei piani quinquennali mentre le campagne morivano di fame e i proclami chedeificavano Kim Il Sung. Contenti loro, per carità. Ma non si guida un Paese diviso in duecon l’arroganza e le tecniche manipolatorie e non si tiene insieme una coalizione imbrogliandola sulsenso delle cose. Magari, alla fine, vinceranno pure. Ma sul fatto che governino, abbiamo dubbi più che ragionevoli.
Mi spiace deluderla, caro Prof.,
ma "con un poco di zucchero la pillola NON andrà giù!"
secondo la Neo Mary Poppins PRODIana ....
e su come il "nostro" futuro leader" vorrebbe conseguirla...
dopo aver tanto sbandierato nei dibattiti televisivi che "occorre parlare, instaurare un dialogo" ( ...amen!)
riporto una lucida analisi fatta oggi dal Direttore del Secolo d'Italia, Flavia Perina :
IL PROF INGANNA ANCHE I SUOI
Il mantra del premier virtuale
Incapace di uscire dalla realtà fantastica di cui è prigioniero insieme alla sua intera coalizione,Romano Prodi è andato avanti ieri con il suo play-game che dopo l’incoronazione virtuale dei sondaggi, la vittoria virtuale degli exit poll, la festa virtuale in piazza Santissimi Apostoli,prevedeva l’autoproclamazione a premier virtuale. Inutilmente il Paese reale ha cercatodi riportare il Professore allo stato delle cose. Il presidente Ciampi, al telefono, gli ha detto chiaroe tondo che non intende assegnargli l’incarico. Il ministro Pisanu ha formalmente ricordatoche i dati sono provvisori e non ufficiali, che ci sono un milione di voti non validi, di cui la metàsono schede “nulle” e circa 40mila non assegnate per contestazioni varie. I suoi alleati piùprudenti hanno evidenziato le difficoltà di gestire una situazione di sostanziale pareggio, conuna maggioranza sottile come un foglio di carta velina al Senato, dove in numeri assoluti la Cdlha quattrocentomila voti in più. Niente. Come un adolescente davanti a un videogioco, Prodinon ha dubbi, non ha incertezze, non ha bisogno di consultarsi con nessuno. Ieri, mentre gliesploratori diessini facevano cauti sondaggi sulla possibilità di trattare sugli incarichi istituzionali,ha annunciato che governerà cinque anni prendendosi tutto, «come stabilito dal programma», e ha avuto pure il coraggio di sollecitare una telefonata di auguri da parte di Berlusconi invitando l’opposizione «a essere costruttiva». Così, il surreale lunedì della stravittoria si è declinato nelkafkiano martedì del superpremier: altrettanto fantomatico, irreale, avulso da ogni dato concreto,perché con le somme dei verbali ancora da fare e solo 25mila voti di scarto un “leader serio” aspetta gli eventi e si attacca al telefono più che ai microfoni di piazza. Se ci chiamassimo Bocca, o Scalfari, o Maltese, avremmo già scritto che Prodi tenta il golpe: solo negli Stati africani onelle repubbliche delle banane tanto citate da Travaglio, un candidato con lo zero virgola di maggioranza si autoproclama vincitore prima ancora che i risultati siano convalidati. Ma abbiamo conservato il senso delle proporzioni, e sappiamo bene che l’arroganza del Professore è la mascheradella sconfitta politica e persino umana della classe dirigente dell’Ulivo che ha perso il referendumcontro Berlusconi e pure la scommessa sul futuro partito democratico, affondata dal successodelle ali estreme, di Rifondazione al 7,2 e del Pdci al 4,2, che consegnano quasi un terzodei seggi ai pasdaran della coalizione. Prodi è rimasto triturato dal voto, non potrà governare, e neidue mesi che lo separano dall’investitura vera (ammesso che risulti davvero primo) cuocerà afuoco lento tra gli ultimatum della sua armata Brancaleone su tutto: incarichi, ministeri, provvedimenti dei primi cento giorni. È per nascondere tutto questo che ha costruito il suo trionfo di cartone. Ma c’è anche altro, e lo ha rivelato la faccia di gesso di Fassino durante i finti festeggiamenti della notte elettorale. Senza quei brindisi e quegli abbracci la leadershipdell’Unione oggi si sarebbe trovata alla sbarra in una sorta di processo popolare, da partedei suoi stessi dirigenti intermedi, come avvenne nel 2001. Capi di imputazione: irresolutezza, scelta sbagliata del leader, mancanza di coraggio nel proporre il listone unitario anche al Senato, errori nelle candidature, nel programma-fiume, nella comunicazione sul fisco e sulle tasse. Tutti temi comunque emersi ieri nelle pieghe del dibattito. Il problema è stato risolto dando al popolo della sinistra quello che da cinque anni gli era stato promesso, cioè una gran festa per la cacciata delCavaliere. E il mantra intonato ieri per tutta la giornata – «Abbiamo una maggioranza solida, si puògovernare» – appartiene alla stessa categoria illusionistica, qualcosa a metà tra gli annunci sovieticisul successo dei piani quinquennali mentre le campagne morivano di fame e i proclami chedeificavano Kim Il Sung. Contenti loro, per carità. Ma non si guida un Paese diviso in duecon l’arroganza e le tecniche manipolatorie e non si tiene insieme una coalizione imbrogliandola sulsenso delle cose. Magari, alla fine, vinceranno pure. Ma sul fatto che governino, abbiamo dubbi più che ragionevoli.
Mi spiace deluderla, caro Prof.,
ma "con un poco di zucchero la pillola NON andrà giù!"
4/11/2006
UN PAESE SPACCATO IN DUE
Smentiti sondaggi, exit poll (l'esito dei polli) e grandi giornali, nonchè "illustri" direttori che hanno preso un'innegabile cantonata. Le urne ridimensionano il Prof e rilanciano il centrodestra. Risultati sul filo del rasoio. Il sorpasso del centrodestra dopo le prime ore in cui l'opposizione era data per vincente. In base ai dati definitivi al Senato la Cdl ottiene 155 seggi contro i 154 dell'Unione (che conta 350mila voti in meno). Mentre alla Camera la maggioranza è del centrosinistra per soli 25.224 voti. Affluenza record: 83,6% contro l'81,4% del 2001. Forza Italia si conferma primo partito (con il 24% delle preferenze). Nel centrodestra An al 12,3%, Udc al 6,7%, Lega Nord al 4,4%, Democratici cristiani-Nuovo Psi (0,55%), Alternativa sociale 0,6%, Fiamma Tricolore 0,6%. L'Ulivo (Unione+Margherita) al 31,95% alla Camera. Al Senato, Ds al 17,5%, Margherita (10,7%), Rifondazione comunista (7,3%), Insieme con l'Unione (4,1%), Italia dei Valori (2,8%), Rosa nel pugno (2,4%), Udeur (1,3%).
Pur nell'attuale incerta attesa dell'eventuale "vincitore", emerge un'unica indiscutibile certezza:
questa nuova legge elettorale va cambiata.
Pur nell'attuale incerta attesa dell'eventuale "vincitore", emerge un'unica indiscutibile certezza:
questa nuova legge elettorale va cambiata.
4/10/2006
GIORNATA MONDIALE CONTRO L'EMOFILIA
http://www.fedemo.it/gmond/2006/gmond06.htm
per creare consapevolezza sulla giornata mondiale dell'emofilia
PERCHE' VOTARE CENTRODESTRA
“Non uno Stato che regoli e domini tutto è ciò che ci occorre, ma invece uno Stato che generosamente riconosca e sostenga, nella linea del principio di sussidiarietà, le iniziative che sorgono dalle diverse forze sociali e uniscono spontaneità e vicinanza agli uomini bisognosi di aiuto” [Papa Benedetto XVI, enciclica Deus caritas est]
Certamente l’attuale Governo non ha ancora raggiunto tutti i risultati che si prefiggeva, tuttavia una cosa è certa: l’azione del centrodestra non ha l’intenzione di bloccare la libertà e la responsabilità dei singoli, la ripresa della piccola e media impresa e il riorganizzarsidella società dal basso per rispondere ai propri bisogni. L’attuale maggioranza, se non favorisce, tuttavia non penalizza il rilancio di un’educazione da parte di gruppi e settori sociali che credono nel valore della persona e che scommettono sulla sua libertà.
La riforma del mercato del lavoro, le politiche per i distretti, la legge sull’impresa sociale, il “più dai meno versi” e il cinque per mille per non profit e ricerca sono segnali di una giusta direzione.
La prospettiva di un rinnovato sviluppo e di una reale solidarietà sta nella capacità dei cittadini italiani di riprendere vigore e forza ideale, ridando vita a una tradizione in cui la persona e le realtà associative siano protagoniste.
Certamente l’attuale Governo non ha ancora raggiunto tutti i risultati che si prefiggeva, tuttavia una cosa è certa: l’azione del centrodestra non ha l’intenzione di bloccare la libertà e la responsabilità dei singoli, la ripresa della piccola e media impresa e il riorganizzarsidella società dal basso per rispondere ai propri bisogni. L’attuale maggioranza, se non favorisce, tuttavia non penalizza il rilancio di un’educazione da parte di gruppi e settori sociali che credono nel valore della persona e che scommettono sulla sua libertà.
La riforma del mercato del lavoro, le politiche per i distretti, la legge sull’impresa sociale, il “più dai meno versi” e il cinque per mille per non profit e ricerca sono segnali di una giusta direzione.
La prospettiva di un rinnovato sviluppo e di una reale solidarietà sta nella capacità dei cittadini italiani di riprendere vigore e forza ideale, ridando vita a una tradizione in cui la persona e le realtà associative siano protagoniste.
VENTI DI CAMBIAMENTO
ANSA) - AMELIA (TERNI), 9 APR
Ieri in un seggio di una scuola di Fornole (Amelia),
il presidente della sezione avrebbe deciso di togliere il crocifisso dal muro.
La sua decisione ha causato le immediate proteste
di alcuni rappresentanti dei partiti di centrodestra impegnati nello stesso seggio.
Sono stati gli agenti della GdF ad avvertire del fatto i carabinieri di Amelia, che in tarda mattinata hanno compiuto un sopralluogo.
Il crocifisso, al momento, non è stato ancora ricollocato al suo posto.
4/08/2006
SENZA PAROLE
(ANSA) - PALERMO, 7 APR -
I carabinieri di Agrigento hanno arrestato Gianluca Bongiovanni,
l'uomo che nel 2000 violentò una ragazza insieme a Mario Alessi.
l'uomo che nel 2000 violentò una ragazza insieme a Mario Alessi.
L'uomo deve scontare una condanna a sei anni confermata in appello e divenuta definitiva nel 2004.
L'imputato, a differenza di Alessi non ha fatto ricorso per Cassazione: per lui, dunque,
la pena è esecutiva già da due anni.
Intanto Alessi ha ribadito al suo avvocato
di non essere stato lui a uccidere il piccolo Tommaso.
ANDIAMO A VOTARE
4/06/2006
LO STRANO SENSO DELLA PAROLA "LAVORO"
Il lavoro da antico mezzo per nobilitare l'uomo
è diventato oggi lui stesso il fine.
Se si ha un lavoro importante, si è importanti.
Se si guadagna bene, allora si è valide persone.
Il giudizio del valore umano si è spostato
dall'essere all'avere
o peggio all'apparire.
è diventato oggi lui stesso il fine.
Se si ha un lavoro importante, si è importanti.
Se si guadagna bene, allora si è valide persone.
Il giudizio del valore umano si è spostato
dall'essere all'avere
o peggio all'apparire.
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